San Paolo e i parroci fundraisers

VESCOVI E PRETI ATTENTI AI POVERI NON SONO COMUNISTI

Il 16 giugno scorso, meditando sulla prima lettura del giorno (2Cor 8,1-9), che parlava della colletta promossa da S.Paolo a favore della Chiesa di Gerusalemme, il Papa ha osservato che, quando vescovi, sacerdoti o laici parlano di povertà e di aiuto ai poveri, c’è ancora chi li taccia di comunismo.
La teologia della povertà – ha detto il Papa – ha il suo fondamento in Gesù che “da ricco che era s’è fatto povero”, abbassandosi per noi, e non si è limitato a darci qualcosa, ma ha dato tutto se stesso.
Da questo punto di vista, “la Chiesa di Gerusalemme, di cui parla la lettura, è in difficoltà economica, ma è ricca, perché ha il tesoro dell’annuncio evangelico”, con il quale ha arricchito le altre Chiese. Ora è giusto che la Chiesa di Corinto, a cui S.Paolo si rivolge, le venga in aiuto concretamente, tenendo presente che i poveri ci arricchiscono perché Gesù ha detto che Lui stesso è nel povero.
Perciò S. Paolo, quando, incoraggia e dirige una colletta in denaro a favore della comunità di Gerusalemme venutasi a trovare in gravi difficoltà finanziarie, non fa del comunismo, ma inculca la più fondamentale delle virtù cristiane, la carità, in una delle sue forme più concrete, quella dell’aiuto materiale. Il Papa qui è uscito in una delle sue tipiche affermazioni: La ricchezza che si ha nel cuore deve arrivare alle tasche, altrimenti non è una fede genuina. Che fa la pari con quella di Federico Ozanam, il fondatore della S.Vincenzo che diceva: “Io credo nella carità che paga“.

PARROCI “PALANCAI” O SUSCITATORI DI CARITÀ?

A me però la riflessione del Papa ha fatto pensare non a chi accusa di comunismo Vescovi, sacerdoti e laici che insistono sull’aiuto ai poveri. Ma ha fatto pensare a quelli che anche all’interno della Chiesa definiscono avidi di denaro, o più volgarmente palancai, i parroci fundraisers (quelli che promuovono iniziative di carità con collette insistenti a favore delle più varie situazioni di bisogno).
È d’accordo con me, manco a dirlo, anche il parroco di Belsito. Con il suo solito sorriso, mi ha riferito che quando si trova a dover fare una colletta, che so, per le Missioni, il Seminario, la Carità del Papa, la Giornata della vita, l’Offerta per i cristiani di Terra Santa, la Caritas…, senza contare l’oratorio e le opere parrocchiali, ogni volta lo fa ispirandosi ai comportamenti di S.Paolo in occasione della sua colletta per la Chiesa di Gerusalemme. Come S. Paolo che batte cassa ai Corinzi, anche lui premette che proponendo la colletta non intende farne un comando, ma solo offrire un’occasione per mettere alla prova la sincerità dell’amore con la premura verso gli altri (2Cor 8, 8). Occorre buona volontà. Quando c’è quella, poi ognuno agisce ovviamente secondo le sue possibilità. Non si tratta infatti di mettere in ristrettezza gli uni per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza (8, 11-13). Chi accetterà di offrire, però, lo faccia come una vera offerta e non come una spilorceria, perché, come dice il proverbio, chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Perciò ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, ma lo faccia non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia (9, 5-7). E non si dimentichi che Dio ha potere di far abbondare ogni grazia in chi dona. Lo dice anche la Scrittura: “Ha largheggiato, ha dato ai poveri; la sua giustizia dura in eterno”. Senza contare che la generosità nel donare ha anche un valore liturgico perché sale a Dio come un inno di ringraziamento (9, 8-11).

LA BOCCA SI PUÒ CHIUDERE SOLO AI SACCHI

L’amico di Belsito, quando stende la mano ai suoi parrocchiani per chiedere, usa parole simili. E poi, come ogni parroco che si rispetti, si premura di non gestire da solo le sue iniziative che comportano circolazione di denaro. Prende anche qui lezione da S. Paolo che, per evitare che qualcuno potesse biasimarlo per l’abbondanza di offerte che amministrava, si faceva designare come suo compagno in quest’opera di carità il suo discepolo Tito e due altri collaboratori. Era evidente che l’Apostolo si preoccupava di comportarsi bene non soltanto davanti al Signore, ma anche davanti agli uomini. E infine, come l’Apostolo (1Cor 16, 1-4 e Rm 15, 25-28), anche il parroco di Belsito si premura di fare arrivare a destinazione quello che ha raccolto dalla carità dei fedeli, senza storni o appropriazioni indebite e sempre con il controllo del Consiglio degli Affari Economici.
“Eppure – mi dice senza perdere il suo sorriso leggermente ironico – ci credi che c’è sempre qualcuno che mi dà del “palancaio”?”.
Ci credo, caro amico. Ma, se osservi, è un’accusa che viene specialmente da quelli che S.Paolo chiama spilorci, larghi di bocca, ma stretti di mano. E la bocca, tu sai, si può chiudere solo ai sacchi.