“Gli immigrati sono persone”. Si può capire la paura, non si riesce a capire il disprezzo. Parola di Francesco Beschi, vescovo

Foto: Francesco Beschi, vescovo di Bergamo

IL “DIARIO” DI HILLESUM E I NAZISTI

Sono quelle coincidenze che capitano, non si sa perché, ma capitano. Verso le otto di domenica 19, in attesa degli impegni che mi aspettano, prendo in mano il “Diario” di Etty Hillesum, al 19 giugno del 1942, “di sera, le dieci”, precisa Etty. Scrive che nel pomeriggio di quel giorno è arrivato il fratello Mischa che ha raccontato degli arresti degli ebrei che, in quel frangente, stanno intensificandosi. I soldati che partecipano all’operazione, “ragazzi della mia età… non ascoltano alcuna ragione… per loro un ebreo non è un essere umano” (Diario, edizione integrale, Adelphi, pagina 634).

IL VESCOVO: LA VERA PAURA VIENE DAL DISPREZZO

Metto da parte il libro e prendo l’Eco di Bergamo. Titolo di apertura: “Il vescovo: i profughi sono persone”. Nell’intervista il vescovo Beschi non ignora le ragioni della paura di fronte al fenomeno. Ma precisa: “i protagonisti di questa epocale vicenda sono persone. Per me l’amarezza maggiore è cogliere non la paura, ma il disprezzo”.

Certo, immagino, immediatamente, l’obiezione: non facciamo paragoni spropositati fra gli orrori antiebraici dei nazisti e le manifestazioni sbracate dei leghisti di Roncobello e dei fascistucoli dei sobborghi romani.  Vero, verissimo. Ma, da notare, il motivo nell’uno e nell’altro caso è il richiamo a un principio morale, banalissimo e semplicissimo: abbiamo a che fare con delle persone, figli di Dio che hanno diritto al rispetto. Situazioni diverse, dunque, ma è in gioco, lo stesso principio morale. Se non ho visto male, anche Renzi si è commosso, nel discorso fatto all’assemblea del PD all’Expo, quando ha ricordato la morte di quella bambina, morta perché gli scafisti le hanno strappato via lo zainetto nel quale aveva l’insulina di cui aveva bisogno. Va bene che Renzi si commuova, ma facciamo in modo che la commozione di fronte a un fatto del genere non sia un lusso da riservare al presidente del Consiglio.

E poi è vero, certo, che le manifestazioni di questo genere non sono paragonabili agli orrori del passato. Ma senza compassione e con molto disprezzo si rischia che quel paragone possa diventare sempre meno strano e che orrori simili, prima o poi, si possano ripetere.