Grecia: i pensionati in coda e i miliardari comperano le isole

Foto: una delle isole greche in vendita “a prezzi stracciati”

Cara suor Chiara, mi sei venuta in mente mentre, in questi giorni, leggevo alcune notizie relative alla Grecia. Una, soprattutto. Mentre i greci sputano sangue, alcuni magnati del jet set internazionale stanno comprando, a suon di milioni, le isolette del mar Egeo. Ancora una volta la più grande povertà e la più sfrontata ricchezza si trovano fianco a fianco. Chiedo anche a te, francescana, se non senti un po’ di disagio per questi fenomeni, nei quali non manca solo la giustizia ma anche lo stile. I miei amici mi dicono che sono una romantica. Tu cosa ne pensi? Debora

La realtà che tu descrivi, cara Debora, non provoca in me solo disagio, ma soprattutto grande sofferenza nel vedere, sulla scena del mondo, il divario sempre più grande e profondo tra ricchi e poveri. Non voglio esprimere giudizi o condanne superficiali nei confronti della ricchezza e elogiare o innalzare la povertà, concetti del resto astratti, ma evidenziare la condizione di uomini ricchi e uomini poveri. La riflessione si deve collocare sulla pari dignità che gli uomini devono avere nell’uso e nella distribuzione dei beni. Il problema della povertà e della ricchezza accompagna la storia dell’umanità in ogni epoca con caratteristiche e forme diverse che lasciano segni indelebili nella vita: sono le conseguenze di sistemi economici e politici che determinano le sorti del mondo, di forme di potere senza scrupoli, ma anche del peccato inscritto nel cuore dell’uomo.

LA RICCHEZZA NELLA BIBBIA

Nella Bibbia la ricchezza è segno di benedizione e la povertà di maledizione; con Gesù la povertà diviene condizione essenziale all’accesso al Regno, beatitudine evangelica. Il vangelo non condanna la ricchezza in se stessa ma l’uso e le conseguenze illecite che ne scaturiscono. Francesco d’Assisi riconosce nella ricchezza la radice del male e del peccato se essa è vissuta come appropriazione dei beni che appartengono solo a Dio. A fondamento di tale convinzione sta la certezza che ogni bene appartiene radicalmente a Dio e non lo si può considerare proprio, ma deve essere restituito in parole e opere, condiviso, moltiplicato. Il peccato fondamentale consiste nell’appropriarsi di ciò che è di Dio, nel “credere di possedere” senza riconoscere che non “abbiamo nulla in questo mondo e neppure nell’altro”. Il vivere senza nulla di proprio non è fine a sé stesso e non può rimanere una sterile rinuncia, ma fiorisce e si mostra fecondo nella restituzione. Si tratta di un atteggiamento tipico di san Francesco, il quale non voleva ritenersi un ladro appropriandosi dei beni del Signore e per questo voleva restituirli.

RESTITUIRE

La restituzione nasce proprio dal riconoscere i beni ricevuti e non tenerli per sé. Solo chi ha conosciuto è si è accorto di tutto ciò che gli proviene da Dio, sente in sé l’esigenza riconoscente di rispondere a quel dono. Questo atteggiamento ha una radice profonda in una interiorità intessuta di vangelo, in un cuore plasmato dalla novità dello Spirito che fa operare scelte conformi ai valori creduti e abbracciati. È una prospettiva che deve formare un modo diverso di approccio alle realtà umane, dalla politica all’economia, dalle grandi alle piccole scelte. I divari che tu hai evidenziato esigono un cambiamento dell’umanità, degli stili di vita che esercitino una pressione nel piccolo e nel grande mondo, dalle famiglie a coloro che detengono il potere politico, economico e sociale. È necessario rinunciare ai modelli culturali odierni con una conversione radicale a tutti i livelli: il consumismo eccessivo, la superficialità del vivere. Occorrono donne e uomini autenticamente evangelici, ma anche profondamente umani, che credano nella dignità della persona e abbandonino uno stile autoreferenziale ed egoistico, si aprano alla trascendenza, a un vero incontro con l’altro e a una cura reale che produca stili di vita alternativi.

SVEGLIARCI DAL SONNO

Si, Debora, qualche tuo amico potrà pensare che tutto questo riguarda la categoria dei “sognatori” degli “idealisti”, perché nulla può cambiare. Certamente occorre crederci sul serio, essere un po’ dei profeti che rischiano, ma investono in novità: occorre che qualcuno inizi! La comoda indifferenza rende l’umanità sempre più insensibile e anche noi rischiamo di appartenere alla categoria di coloro che si scandalizzano davanti alle ingiustizie, ma non si compromettono in nulla per vivere da “giusti”. Per questo dobbiamo un po’ tutti svegliarci dal sonno e andare controcorrente, per non lasciarci vivere, ma essere protagonisti, in ogni ambiente, nella logica di una restituzione in parole e in opere. Non lasciamoci rubare la speranza di un cambiamento che parte dal piccolo e che incide sul grande! Incominciamo ad assumere stili di vita sobri, a vivere in una logica di condivisione e solidarietà, a farci accoglienti coi vicini e i lontani, a iniziare una comunione di beni coi poveri e a promuovere sempre la vita, lottando contro la cultura di morte dominante. Siamo certi che qualcosa cambierà. I profeti e i santi ci hanno creduto. E tu?