Immigrati. Ero forestiero e mi avete accolto. Il caso esemplare di Crema

Foto: il vescovo di Crema mons. Oscar Cantoni

Ho letto con molto interesse la lettera che mons. Oscar Cantoni, vescovo di Crema, ha indirizzato qualche giorno fa ai suoi fedeli. La vicenda merita di essere ripresa perché ha a che fare con situazioni e vicende sempre più presenti anche nella nostra bergamasca.  Mi riferisco a manifestazioni, cortei, assemblee, presidi che hanno l’obiettivo di “fermare l’invasione dei profughi”. È evidente che attorno a questo tema,  le nostre comunità – civili ed ecclesiali – rischiano una spaccatura profonda. Non solo perché la questione è complessa ma perché la strumentalizzazione politica che se ne è fatta (e che si farà sempre più nel prossimo futuro) rischia di legittimare e organizzare proteste che si nutrono, il più delle volte, di una percezione delirante degli altri. Quella che “li colloca simbolicamente, e fattualmente, nella sfera dell’estraneità all’umano” (Anna Maria Rivera). Bene ha fatto il vescovo Francesco, nell’intervista rilasciata a L’Eco di Bergamo, a ricordare a tutti che i “i protagonisti di questa epocale vicenda sono persone” e a ricordare che l’amarezza più grande non è cogliere la paura ma il disprezzo. Anche da parte di tanti, troppi, che la domenica si raccolgono attorno alle nostre Eucarestie.

UN PAPA APPLAUDITO MA NON SEGUITO 

Torniamo a Crema.  Il vescovo Cantoni, d’accordo con i responsabili della Caritas, aveva destinato un ex convento all’accoglienza dei profughi. La collocazione è stata cambiata per le proteste di piazza dei genitori dell’adiacente scuola dell’infanzia cattolica. Il vescovo, pur di non creare divisioni nella Chiesa, ha accettato l’umiliazione di fare un passo indietro, ma ha scritto una magnifica lettera in cui ribadisce la prospettiva cristiana dell’accoglienza.  Il testo si apre con un appello che Papa Francesco ha indirizzato al mondo nell’omelia pronunciata domenica scorsa, 12 luglio, durante la S. Messa in Paraguay. “Nessuno – ha detto il Papa – può chiederci di non accogliere e abbracciare la vita dei nostri fratelli, soprattutto di quelli che hanno perso la speranza e il gusto di vivere. Come è bello immaginare le nostre parrocchie, comunità, cappelle, non con le porte chiuse, ma come centri di incontro tra noi e Dio, come luoghi di ospitalità e accoglienza”. Parole forti e scomode, che interessano tutti i cristiani delle singole Chiese, chiamati a far fronte, tra le tante persone da accogliere (senza dimora, poveri, ragazze di strada, padri fuori di casa, ecc.), anche ai profughi, dal momento che l’accoglienza fa parte della natura stessa della Chiesa,  comunione trinitaria. Il vescovo Cantoni parte anzitutto da una constatazione. È ben strano che il Papa, sostenuto da un consenso universale e applaudito da tutti, venga poi sistematicamente censurato quando non concorda con le interpretazioni ideologiche, con gli schemi mentali o spirituali di certi gruppi o di persone, anche singole, soprattutto quando invita a una vera riforma della Chiesa in capite et in membris attraverso scelte che richiamano pastori e laici a una “Chiesa in uscita”, verso tutte le periferie, dal momento che i poveri, tutti i poveri, quindi anche i profughi e i rifugiati, sono al cuore del Vangelo, ma anche nel cuore stesso della Chiesa.

CRISTIANI NEI FATTI. NON SOLO A PAROLE

Mons. Cantoni scrive che anche la piccola Chiesa di Crema ha scelto, su invito del Prefetto, di mettere a disposizione spazi e luoghi di accoglienza. “Non certo per supplire i doveri della comunità civile, né per mettersi in mostra, ma esclusivamente perché si tratta di utilizzare evangelicamente una precisa opportunità, che oggi la storia ci presenta e da cui non possiamo sottrarci, dal momento che accogliere i nostri fratelli in umanità, chiunque essi siano e da qualunque parte essi provengano, fa parte della ‘misura alta’ della vita cristiana.” Il Vescovo poi si augura che queste sue considerazioni “siano valutate da tutti, almeno da chi non si accontenta di essere discepolo di Gesù solo di nome, ma anche di fatto, da chi dice di voler tutelare i ‘valori cristiani’, anche quando, come precisamente nel nostro caso, l’arrivo di profughi può destare perplessità e scontento, tensioni e irritazioni, come in parte è avvenuto in questi ultimi giorni a Crema (e mi duole constatarlo!).” D’altra parte – sottolinea ancora mons.Cantoni – la Chiesa per la sua stessa funzione educativa, non può accettare di sottrarsi nel plasmare nei suoi figli una reale mentalità di accoglienza, anche se sappiamo che non tutti recepiscono immediatamente questi contenuti, cristianamente esigenti. Il ‘demone della paura’ dell’altro, del diverso da noi, dello straniero, tende a prevaricare su tutto, porta spesso a generare tra la gente sospetti, ansie e inquietudini , rinunciando ad apprendere l’arte del convivere fra diversi, che oggi è ineliminabile nel nostro mondo. Il clima infuocato, a livello internazionale, certamente scoraggia chiunque, anzi porta ad identificare quanti giungono tra noi immediatamente come dei terroristi, portatori di strane malattie, e via di questo passo…  Certo, “occorre riconoscere che, venendo tra noi, i profughi, accolti come ospiti, obbligano un po’ tutti a ‘restringerci’, facendo loro spazio: insomma, i profughi sono scomodi, ci infastidiscono, anche perché occorre mettere in conto qualche sacrificio personale e di gruppo. Tuttavia insieme ci scuotono dal nostro perbenismo, fondato sul pensare solo a noi stessi o ai nostri figli, spesso oltremodo protetti e  contemporaneamente lasciati poi a loro stessi… Non è certo allontanando i profughi che diamo un valido sostegno educativo ai nostri figli, i quali, in un futuro prossimo, considereranno come infelice la scelta di aver isolato i rifugiati, sottraendoli al loro sguardo.”

LA VITA CRISTIANA È ESIGENTE

La lettera – di raro coraggio o, come si usa dire, di rara parresia – si conclude in questo modo: “La tenace e strenua opposizione dei genitori con bambini nella Scuola Manziana (Ancelle) mi consiglia di trovare altre soluzioni non appena sarà possibile, rinunciando a un ambiente, da competenti organi della Caritas diocesana ritenuto idoneo e,  lo sottolineo, sicuro. È una forma prudenziale che mi sento di prendere, che però non  può essere considerata un atto di codardia. Certamente nella Chiesa non è valida la teoria che vince chi grida di più, come questa mia decisione potrebbe essere erroneamente interpretata da qualcuno. Questa mia scelta è piuttosto un vero atto di umiliazione, che accetto volentieri per difendere e promuovere l’unità della Chiesa (che è il bene più grande!) e così non fomentare ulteriori divisioni, dovendo, però, anche dolorosamente ammettere che molti genitori della Scuola Cattolica sì la frequentano e la usano, ma non utilizzano o comprendono le finalità educative che essa propone, tra cui proprio l’accoglienza! Questi segnali che Dio permette sono ulteriori prove di come la vita cristiana sia esigente per tutti e quanto siamo distanti da quegli ideali che essa propone! Un motivo di seria considerazione, ma anche di decisa conversione, per pastori e gregge!”.