Padre Giulio Albanese: «Non stiamo aiutando l’Africa»

Non stiamo aiutando l’Africa. Padre Giulio Albanese è lapidario nel rispondere a tutti quelli che dicono «aiutiamo gli africani a casa loro».
«Sappiamo che il mondo missionario è fatto di uomini, ma non dimentichiamo che molte di queste Chiese si trovano in quelle che Papa Francesco chiama le periferie del mondo, dove si perpetrano tante ingiustizie e vessazioni». Padre Giulio Albanese, direttore della rivista «Popoli e Missione», risponde così a un editoriale di Ernesto Galli Della Loggia sull’emergenza migranti, pubblicato oggi dal «Corriere della Sera», nel quale critica la Chiesa perché, secondo Galli Della Loggia, attaccherebbe solo i Paesi occidentali e non quelli africani per la cattiva gestione dell’emergenza.
«In tante occasioni il mondo missionario – osserva il religioso – ha pagato in prima persona o con la vita, come padre Raffaele Di Bari – ma l’elenco è lunghissimo – perché ha dato voce a chi non ha voce, o con l’espulsione. Spesso i nostri missionari si sono trovati tra l’incudine e il martello. Io li chiamo i caschi blu di Dio. Tante volte viene impedito loro di parlare, pena l’espulsione, che significa lasciare il servizio a favore dei più poveri. Il caso dell’Eritrea docet. Il mondo missionario, poi, ha denunciato i regimi totalitari africani, l’apartheid, la corruzione e le altre ingiustizie. Non siamo noi che dobbiamo giudicare».
«Credo che il mondo missionario, che opera nelle giovani Chiese, rappresenti il valore aggiunto del sistema-Paese – dice padre Giulio -, in un momento in cui la solidarietà sembra essere un’illustre sconosciuta, stando a un certo discettare dei nostri politici di turno». Da padre Albanese anche un invito a «smettere di fare polemiche. Ha ragione il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, quando dice che spesso la questione migratoria viene sfruttata per fini elettorali». Per il direttore di «Popoli e Missione», «abbiamo una responsabilità civile, umana, con una forte valenza culturale, fondata sui valori del Vangelo rispetto ai quali non possiamo essere silenti. Dobbiamo operare un decentramento narrativo: invece di stare a polemizzare sui fatti di casa nostra, proviamo a riflettere sulle ragioni che determinano il fenomeno migratorio. Sono numerosi i politici e gli opinionisti che nel nostro Paese affermano la necessità di ‘aiutare gli africani a casa loro’. Ed è giusto, ma ciò, purtroppo, non è avvenuto in passato e non sta avvenendo oggi. Anzi, le politiche d’investimento a livello internazionale – occidentali e non solo – attualmente, sono di segno contrario. Si tratta di un paradosso se si considera che stiamo parlando del Continente, quello africano, con tassi di crescita superiori a quelli di molti Paesi del Primo mondo».
Padre Albanese ricorda che «una questione cruciale è quella del debito africano. Non solo è tornato salire, ma il rischio è che molti governi non siano in grado di onorare i propri impegni». Nello scorso decennio, «una trentina di Paesi a basso reddito dell’Africa Subsahariana poterono ottenere una riduzione del debito (circa cento miliardi di dollari). L’accesso ai fondi d’investimento sono stati messi a disposizione dall’alta finanza, soprattutto nella City londinese. Non sono stati avviati, però, organici piani di sviluppo nazionali». Nel frattempo, «si è innescata sulle piazze finanziarie una speculazione sfrenata sull’eccessivo indebitamento dei Paesi africani che ha determinato la svalutazione delle monete locali». Uno dei casi emblematici è «quello del Ghana. L’aumento del Pil e del debito ghanese sono indicativi di una crisi sistemica che ha peraltro pregiudicato qualsiasi iniziativa protesa all’affermazione di un welfare locale in grado di contrastare l’esclusione sociale. Il dato più inquietante sta nel fatto che per ripagare il debito, oggi, il governo di Accra è costretto a svendere i propri asset strategici per il sostentamento del Paese (acqua, petrolio, elettricità, telefonia, cacao, diamanti…)».
«Di questo passo – avverte il direttore di ‘Popoli e Missione’ -, con questo sistema criminale, tra qualche anno gli africani non saranno più padroni neanche dell’aria che respirano». Padre Albanese ricorda poi l’ultimo rapporto dell’Ong britannica, Global Witness, che ha dimostrato che «dal 2012, quando è iniziata la guerra nella Repubblica Centrafricana, a finanziare i jihadisti sono state le imprese europee, francesi, belghe, tedesche, interessate al business del legname». Purtroppo, fa notare Albanese, «la nostra stampa non scrive queste verità». Di qui l’invito: «Nel dibattito sulle migrazioni dobbiamo parlare delle cose serie».