Alla ricerca delle 99 pecore smarrite. La catechesi fuori chiesa

ALLA RICERCA DELLE NOVANTANOVE PECORE SMARRITE

Recentemente Papa Francesco, commentando la parabola della pecorella smarrita, con la consueta arguzia un po’ provocatoria, ha osservato che al giorno d’oggi il problema non è quello di lasciare nell’ovile le novantanove pecore fedeli, per andare a cercare la centesima che s’è smarrita, ma il rovescio: occorre lasciare l’unica rimasta, per andare a cercare le novantanove sbandate.
Osservazione non nuova e nemmeno sbagliata (se lo dice il Papa!), ma a me fa sempre pensare a Mons. Ablondi, già vescovo di Livorno, che a chi gli chiedeva se non era preoccupato del fatto che il 90% della sua popolazione non andava più in chiesa, rispose: “Le dirò che ciò che mi preoccupa di più non è il 90% che non va più in chiesa, ma come esce di chiesa il 10% che ci va ancora”.
Come parroco mi chiedevo spesso anch’io se non fosse il caso di lasciare lì i succhiabalaustre, per andare a cercare, ma poi non sapevo come, i cosiddetti lontani; però poi mi dicevo che così anche i “vicini” sarebbero diventati “lontani” da dover poi cercare e ricondurre all’ovile.
Il problema comunque c’è ed è gravissimo. E va sicuramente cercata una soluzione. Tentativi e suggerimenti non mancano. Anzi… Ne basterebbero anche molti meno, ma più concreti e attuabili.

INCENDIAMO PIUTTOSTO IL CUORE DI CHI VA ANCORA IN CHIESA

Parlo spesso di questo con il parroco di Belsito e ho scoperto con piacere che fa all’incirca come facevo io. Cerca di curare quelli che vengono ancora a messa facendo sentire loro l’ansia di Mons. Ablondi, cioè di come escono di chiesa, dopo aver ascoltato la parola di Dio e dopo aver ricevuto il corpo di Cristo dato per noi, con l’invito del Signore a fare la stessa cosa in memoria di lui.
Si impegna a preparare i fidanzati a celebrare il matrimonio in chiesa con la consapevolezza che non è una semplice benedizione, ma è un sacramento che li aiuta e li impegna ad amarsi con l’amore stesso di Gesù. Si appassiona particolarmente a preparare i genitori al battesimo dei loro bambini, che, si sa, non è comandato dal pediatra, ma è una scelta pensata e convinta a innestare la loro creatura in Gesù Cristo e nella Chiesa, perché ci rimangano e ci crescano per realizzarsi e salvarsi.
Poi ingaggia e accompagna gli stessi genitori nell’educazione religiosa (che tocca a loro!) dei loro figli. Qui si colloca ciò che sta cuore al Papa, che tutti, non solo i preti, si sentano mandati a star vicino alle pecorelle di Dio e di seguirle e raggiungerle dunque vadano, anche fuori dell’ovile. Tutti missionari… Oltre ai genitori, van quindi sollecitati tutti i laici, di ogni età, che con convinzione vanno ancora a Messa, perché non possono tenere per sé ciò che hanno ricevuto. Pio XI parlava dell’apostolato del simile verso il simile: il miglior apostolo di un giovane è un altro giovane, che sia lieto della sua fede; il miglior apostolo di un lavoratore non è un prete operaio, ma un altro operaio serenamente convinto che la fede è una ricchezza; il miglior apostolo di un malato è un malato credente che sa vedere la grazia di Dio anche nella malattia, che, di per sé, è una vera sventura…

IL SALMO 145 DÀ GLI SPUNTI PER UNA CATECHESI FUORI CHIESA

Questa preoccupazione apostolica verso le pecorelle di Dio, sia le fedeli, che le sbandate, va orientata in particolare, ovviamente, a favore delle pecore giovani, come raccomanda il salmo 145: “Una generazione narra all’altra le tue opere“. Nota bene! Una generazione narra all’altra,… annunzia le tue meraviglie”, racconta i prodigi del Signore; diffonde il ricordo della sua bontà immensa, acclama la sua giustizia e dice la gloria del suo regno.
Si pensi come la speranza cristiana si manterrebbe viva e si diffonderebbe se ogni persona che esce da messa la domenica facesse questo di generazione in generazione nel proprio ambiente.
E nessuno dovrebbe tirarsi indietro per mancanza di tempo e di capacità. Un giorno, un papà a cui cercavo di inculcare queste convinzioni mi disse che era impensabile che egli potesse svolgere per suo figlio un compito così impegnativo dato il lavoro senza respiro che egli, piccolo artigiano in proprio, doveva accollarsi ogni giorno. Era vero. Ma, conoscendolo, gli dissi di usare lo stesso metodo impiegato per fare di suo figlio uno juventino sfegatato come lui. Ero certo che non aveva mai speso neanche un quarto d’ora per fargli lezioni formali di “juventite”, ma era bastato che suo figlio lo sentisse parlare delle glorie della “Signora”, vedesse com’era allegro tutta la settimana se la Juve vinceva e come faceva diventar matti tutti col suo malumore le rare volte che perdeva. Fu lì che
leggemmo insieme il salmo 145, sottolineando bene i verbi che vi sono ripetuti come martellate.
Gli Ebrei ogni mattina, pregando, ripetono un consiglio simile che viene dalla Bibbia: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’ anima e con tutte le forze. E metterai in pratica queste parole che Io ti comando oggi, nel tuo cuore, e le insegnerai ai tuoi figli, pronunciandole quando riposi in casa, quando cammini per strada, quando t’addormenti e quando ti alzi
Personalmente sono convinto che il rimedio raccomandato dal Papa contro la scristianizzazione dilagante è da cercare in questa direzione.