Mariangela Gualtieri: la gratitudine fa luce sull’ombra del mondo

«Dal sentimento di gratitudine si irraggia una positività che forse fa luce sull’ombra del mondo», dice la poetessa Mariangela Gualtieri. La cattedrale ricolma e un lungo applauso commosso alla fine: il rito sonoro per la Festa di Sant’Alessandro 2015 è stato un concentrato di emozioni, intessuto della mitezza delle parole poetiche, per raccontare una virtù insieme civica e religiosa, in uno spazio speciale in cui le distinzioni saltano, come spiega la poetessa: «A me pare che tutta la più intensa poesia sia essa stessa in qualche modo sacra scrittura».

Che cosa rappresenta per lei la gratitudine?
«Forse la gratitudine è riconoscere il bene che ci arriva da fuori e rispondere a questo bene manifestando la nostra gioia. Il ‘fuori’ può essere una persona, una pianta, un animale che si fa cibo, la terra intera, il cielo e, ancora più largamente, quel potere che fa muovere il sole e le altre stelle. È dunque un movimento di ritorno, un’onda che ci attraversa e completa il suo armonico movimento».

Come mai ritiene possa essere importante parlarne oggi?
«Perché siamo fatti in modo strano: riconosciamo i doni che continuamente la vita ci fa, solo quando ci vengono tolti. Io sento che dal sentimento di gratitudine si irraggia una grande positività, che forse fa luce sull’ombra del mondo. È importante, importantissimo praticare le virtù contrarie a ciò che con una parola chiamiamo male. È forse l’unica certezza che ora abbiamo, in mezzo al caos e allo sfacelo: praticare le virtù contrarie a quel caos, a quello sfacelo, e la gratitudine è una di queste virtù. È importante che ognuno faccia la propria parte e tenga nitida la propria testa, il proprio cuore, la propria lingua, i propri atti, che ognuno abbia cura quasi di lavare, di emendare una parte dell’ombra del mondo».

In che modo questo tema attraversa la sua poesia?
«La poesia molto spesso scaturisce dal dolore. Eppure a me sembra che mio compito sia cantare la gioia, tenere desta la consapevolezza dei doni che continuamente ci vengono elargiti e soprattutto cantare la bellezza che ancora esiste su questa terra. Allora entrano in poesia i fiori, l’acqua, le cose fatte da due mani, lo stare bene del corpo, gli animali, l’amicizia, l’amato, le stagioni, un’ora del giorno, un pezzo di buon pane… E questo sguardo che riconosce, che è riconoscente di quanto tutto ciò alleggerisca la nostra vita, di quanti aiutanti visibili e invisibili ci vengano in soccorso, questo sguardo credo sia molto frequente nei miei versi».

Da dove è partita la sua ricerca?
«Sono partita dal teatro, facendo l’attrice, insieme a Cesare Ronconi, mio sposo e regista. Piano piano ho scoperto che non era quella la mia vocazione e ad un certo punto, quasi violentemente, la poesia ha fatto irruzione nella mia vita e ho cominciato a scrivere versi. Avevo già quarant’anni e forse solo allora ero pronta, matura, lavorata dagli eventi e in qualche modo spalancata ad accogliere il verso».

Quali aspetti della gratitudine trova più stimolanti?
«La gratitudine ha la forza di un sorriso. Un sorriso è una cosa piccola, ma che grande strada si spalanca sul volto di chi sorride, quanto si è accolti da quel piccolissimo movimento della faccia…».

Cosa diventa, nella poesia, la gratitudine?
«Diventa spesso canto, spesso poesia lirica, poesia che ha una melodia composta».

Quale percorso ha scelto per questa serata così particolare, che unisce un valore civile e religioso?
«Ho montato una serie di versi, presi da tutte le mie raccolte. Quando preparo una serata ragiono in termini ritmici, melodici, musicali. Ho pensato dunque ad una sorta di overture, con due poesie fortemente corali, nelle quali è un ‘noi’ a parlare. Poi una parte centrale nella quale dedico poesie di gratitudine a varie entità: i bambini, i fiori, l’acqua, i nostri vecchi, l’amicizia, ecc. Quindi due pezzi di nuovo corali a chiudere e in fine, come saluto, una lunga poesia che prende spunto dalla Poesia dei doni di Borges e poi procede con versi miei e con versi di poeti amati, trasformati in ‘grazie’. Una poesia nella quale c’è un motivo ricorrente: ringraziare desidero…. E davvero lo desidero e mi rallegra tantissimo farlo.
Credo che in poesia la differenza fra civile e religioso spesso salti. A me pare che tutta la più intensa poesia sia molto vicina alla sacra scrittura, sia essa stessa in qualche modo sacra scrittura».