Siamo in terra straniera, anche a casa nostra. Ma la compagnia del Signore non ci manca

Immagine: il Crocifisso di Marko Rupnik (particolare)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.  Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano (Vedi Vangelo di Marco 7, 31-37. Per leggere i testi liturgici di domenica 6 settembre ventitreesima del Tempo Ordinario, clicca qui)

“Effatà, apriti”. Gesù annuncia il Regno e il Regno si vede, in maniera spettacolare. I miracoli sono il Regno “in azione”. La profezia di Is 35 (prima lettura) si realizza: “Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua”.

GESÙ IN TERRA STRANIERA

Il brano inizia indicando uno strano giro di Gesù. E’ stato detto che è come se si andasse da Bologna a Firenze passando per le Marche. L’evangelista vuole dirci che tutti i territori pagani che circondano la Galilea sono toccati dal messaggio di Gesù. Mentre sta facendo questo strano giro, gli viene presentato un sordomuto e gli chiedono di imporgli le mani. Nella mentalità ebraica il contatto fisico è sempre essenziale per ottenere un risultato. Gesù non gli impone subito le mani ma porta il sordomuto in disparte, lontano dalla folla. Appare così evidente che la guarigione dalla malattia e la fede che la rende possibile è sempre frutto dell’incontro con Gesù. Bisogna, in qualche modo, “uscire” dalla folla e porsi “di fronte” a Lui.

IL MALATO “IN DISPARTE” E I RITI DELLA GUARIGIONE

Anche la donna che soffriva di emorragie era stata “costretta” a fare lo stesso. Aveva toccato il lembo del mantello di Gesù, si era sentita guarita. Ma Gesù se ne era accorto e l’aveva portata a dichiararlo di fronte a lui. La guarigione era diventata, per quella donna, un incontro.

Qui Gesù, dopo aver portato fuori dalla folla il sordomuto, gli pone le dita nelle orecchie e gli tocca la lingua con la saliva. Sono tutte azioni rituali proprie di guaritori antichi. Forse, quando Marco scrive, si “ricorda” anche dei riti del battesimo primitivo. La saliva nel mondo ebraico rappresentava lo spirito solidificato e, comunque, sia nel mondo ebraico che pagano, era ritenuta avere poteri medicamentosi. Gesù guarda verso il cielo, emette un sospiro, dunque partecipa a quello che sta avvenendo in maniera forte, intensa. E parla: “Effatà”, dice, in aramaico, la sua lingua. «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.  La parola di Gesù è immediatamente efficace. Il termine “subito” è particolarmente amato da Marco. Indica molto bene uno degli aspetti dell’azione di Gesù e della forza della sua presenza.

Gesù, però, non vuole che se ne parli. Proibisce, anzi, di parlarne. E’ quello che viene chiamato abitualmente il “segreto messianico”. Gesù rischia di essere interpretato come un Messia potente e allora proibisce di diffondere le notizie dei suoi miracoli. Forse Gesù proibisce che se ne parli anche perché si è in territorio pagano e non vuole passare per uno dei tanti guaritori di cui il mondo pagano era pieno.

Ma la raccomandazione di Gesù non viene ascoltata. Più proibisce e più tutti ne parlano. “Ha fatto bene ogni cosa”, dicono pieni di stupore e meraviglia. Si tratta di un’acclamazione quasi di carattere liturgico.

LA NOSTRA TERRA STRANIERA

Gesù fa passare in qualche modo tutto il paese straniero. Siamo anche noi in paese straniero, spesso. E’ la gente che non conosce o non riconosce Gesù: spesso nella nostra stessa casa c’è gente che non crede o crede in maniera difforme dalla nostra, che non vive in conformità alla propria fede. E’ la terra straniera, la nostra terra straniera. La fede non è capita o, spesso, è capita male. In questa terra straniera Gesù tocca e guarisce. Il significato del miracolo, però, non è fare della medicina speciale. Gesù con quei gesti vuole dire: Dio è all’azione, mi tocca e io tocco Dio. Mentre sono solo in terra straniera godo di questa ineguagliabile compagnia: la compagnia di Dio. Dio, infatti, non è un’idea: prende contatto con me. Per questo, anche se noi non tocchiamo l’umanità di Gesù, il contatto con lui è fatto di contatti con altri che rendono possibile il contatto con lui: la Chiesa, i fratelli nella fede, gli uomini che incontro… e poi gli eventi liturgici: pane, vino, acqua. Senza questi oggetti, senza questi contatti non si arriva a Dio. Bisogna che il corpo sia toccato per essere presi da Dio, bisogna “contattare” Dio. Caro salutis est cardo, diceva uno dei più antichi e importanti scrittori della Chiesa antica, Tertulliano: la carne è il cardine della salvezza. Ecco perché è difficile immaginare una Messa via televisione, o una confessione via telefono. Se la Chiesa non ci tocca anche Dio non ci tocca e rischiaMO di essere tagliati fuori, per sempre.