Alla scoperta dei giardini segreti di Bergamo. C’è anche quello della casa del vescovo

Un’oasi di pace, una riserva di bellezza, un luogo di ristoro per i sensi, gli occhi e il cuore: il giardino è tutto questo, ma anche di più. Un luogo d’arte e di storia, vivo, soggetto alle trasformazioni del paesaggio. Ecco perché sono molti i motivi di interesse del progetto “Open Gardens”, nato nell’ambito della V edizione de I Maestri del Paesaggio in corso fino al 20 settembre. Un progetto che per le prime visite, in corso oggi e domani pomeriggio, ha registrato il tutto esaurito. Uno speciale “tour” che porta a scoprire scorci inediti di Città Alta e di Città Bassa, le ville e le case private più belle di Bergamo. E tra esse anche la casa del Vescovo a Bergamo Alta. Luoghi riservati, dove di solito non si può entrare, e che riservano sorprese inaspettate.

Sono stati scelti per questa speciale iniziativa quattro giardini in Città Alta e cinque in Città Bassa, con caratteristiche molto diverse tra loro. Dal giardino all’italiana della Casa del vescovo al giardino all’inglese contemporaneo di via Tassis, al giardino creativo di via Mazzola Ghisleni.

Il progetto si lega al tema scelto per la V edizione della manifestazione “Feeding Landscape. Il paesaggio che nutre”. Se ne è parlato nei giorni scorsi al Lavatoio di via Mario Lupo in occasione dell’Aperitivo di Paesaggio organizzato da iSchool con protagonisti gli architetti Adele Sironi e Vittorio Gandolfi, per 35 anni responsabile del settore urbanistico del Comune di Bergamo, con i co-autori  Giovanni Mazza e Nicola Gandolfi del libro “100 giardini di Bergamo”.

«Che cosa è un giardino? La sua cura richiede fatica: ma è propriamente un lavoro o è piuttosto una creazione? E il giardiniere è un artista? Queste e molte altre ancora saranno le domande che ci porremo nel corso della rassegna Open Gardens. Perché siamo convinti che il giardino sia un luogo in cui ripensare la realtà, a partire dal ricordo del primo e indimenticato giardino, quello dell’Eden, perso da Eva e invano ricercato attraverso nuove creazioni» – spiega l’arch. Adele Sironi, responsabile del progetto, aggiungendo: «Abbiamo bisogno di riposo della mente e riflessione, di benessere e leggerezza e il giardino, che sia all’italiana, all’inglese o giapponese, esprime proprio questa volontà di custodire un rapporto con la natura che non sia di sopraffazione ma di cura, un modo di allearsi con la bellezza intesa come piacere ma anche come bisogno»

Ecco, dunque, che il nuovo interesse per il verde va di pari passo con il ritorno all’introspezione, un fenomeno alla base del successo de I Maestri del Paesaggio, ma anche di molte altre manifestazioni internazionali come il Chelsea Flower Show a Londra che ha dovuto ridurre lo spazio espositivo per far posto ai visitatori sempre più numerosi.

«Il giardino è un rifugio – osserva l’architetto Gandolfi -, un luogo in cui ritrovarsi con sé stessi e  con gli amici per scappare dall’anonima relazione della folla. Oggi, anche i grandi giardini con alberi e prati bisognosi di costose cure quotidiane, possibilità di pochi, richiedono, come pure quelli più piccoli, una cura sempre più sostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico. La sola passione non basta più: non si può più abusare dell’acqua, scegliere capricciosamente le essenze da impiantare, per pensare invece, pur con analoghi risultati estetici, a sostituire sempre più le aiuole stagionali con erbacee perenni. Il giardino perde così un po’ del suo carattere di elite per assumere un carattere naturale che potremmo dire più democratico, dove la sensibilità del “buon giardiniere” gioca un ruolo fondamentale. L’amore per il verde, dunque, inteso come momento di gioia personale, nasconde un bene primario: l’attaccamento alla vita ed è questo che intendiamo comunicare passeggiando tra le oasi della nostra città».