La mafia è anche a Bergamo. Trenta beni confiscati in provincia. L’impegno di Libera

Il presidio di Libera della Bassa Bergamasca ha una particolarità che lo distingue da tutti gli altri sul territorio nazionale: non è intitolato a una vittima di mafia, ma a persone viventi, che hanno trovato il coraggio di denunciarla e per questo spesso hanno visto rivoluzionata la loro identità: i Testimoni di Giustizia. L’incontro organizzato ieri sera al Centro culturale “Don Vavassori” di Osio Sotto ha rispettato questa missione, che è alla base di tutto il ciclo di conferenze intitolato “Le mani delle mafie sul territorio bergamasco” che continuerà fino a novembre con appuntamenti in vari Comuni sul territorio (il programma completo è sulla pagina Facebook del presidio). In un’ora e mezza, infatti, il referente del presidio Sergio Limonta e Francesco Breviario – componente del coordinamento provinciale dell’associazione – hanno tracciato un quadro sintetico ma esauriente della situazione delle mafie nella nostra regione e provincia, portando numeri ed esempi concreti. Troppo spesso, infatti, la mafia, entrata nel codice penale come aggravante solo nel 1982, con la legge La Torre – Rognoni approvata dopo l’omicidio del generale Dalla Chiesa, viene ridotta a fenomeno che riguarda solo le regioni meridionali, magari ricorrendo a vecchi stereotipi del tipo “coppola e lupara”, anche da parte di alcuni amministratori pubblici.

Niente di più sbagliato: la Lombardia, ha spiegato Breviario, è la prima regione nel giro d’affari del traffico di droga e del riciclaggio di soldi sporchi e tra le prime per aziende e beni confiscati, La mafia è entrata «nella macchina del tempo» e si è infiltrata nella società attraverso le categorie professionali, diventando un gigantesco business che in tutta Italia muove 400/500 milioni di euro (e la stima, ovviamente, è per difetto). E anche nella nostra provincia «abbiamo tutte le figurine» di questo complicato album: droga, sfruttamento della prostituzione, corruzione, come dimostrano le inchieste che spesso riempiono le pagine dei giornali. I beni confiscati nella Bergamasca sono ormai quasi 30. Alcuni di essi hanno già trovato una nuova dimensione (a Berbenno l’appartamento di un boss è diventato una casa d’accoglienza per bambini con situazioni familiari difficili), altri sono in attesa di sistemazione, pur con qualche lungaggine burocratica. E da qui parte la nota di speranza con cui, giustamente, si è chiuso l’incontro: generalizzare, dire “tutto è mafia” è sbagliato, bisogna combatterla e trovare il coraggio, proprio come hanno fatto e continuano a fare i Testimoni di Giustizia, di impegnarsi e uscire, ognuno nel proprio piccolo, da situazioni non limpide. Usando le parole di Nando Dalla Chiesa, bisogna sostituire le tre C di Corrotti, Codardi, Cretini con altre tre C: Coraggiosi, Corretti, Competenti.

 

La foto è tratta dalla pagina Facebook di Libera Bassa Bergamasca.