Papa Francesco: «Rubare questi documenti è un reato. Io andrò avanti lo stesso con la riforma della Chiesa»

“So che molti di voi sono stati turbati dalle notizie circolate nei giorni scorsi a proposito di documenti riservati della Santa Sede che sono stati sottratti e pubblicati. Per questo vorrei dirvi anzitutto che rubare quei documenti è un reato. È un atto deplorevole che non aiuta”. Ha usato parole forti, ieri mattina, dopo l’Angelus, Papa Francesco, parlando Papa Francesco dei documenti vaticani trafugati nei mesi scorsi e pubblicati in particolare in due libri appena usciti. “Io stesso avevo chiesto di fare quello studio, e quei documenti io e i miei collaboratori già li conoscevamo bene, e sono state prese delle misure che hanno incominciato a dare dei frutti, anche alcuni visibili”, ha proseguito. Perciò, ha chiarito il Pontefice, “voglio assicurarvi che questo triste fatto non mi distoglie certamente dal lavoro di riforma che stiamo portando avanti con i miei collaboratori e con il sostegno di tutti voi”. “Sì – ha aggiunto il Santo Padre -, con il sostegno di tutta la Chiesa, perché la Chiesa si rinnova con la preghiera e con la santità quotidiana di ogni battezzato. Quindi, vi ringrazio e vi chiedo di continuare a pregare per il Papa e per la Chiesa, senza lasciarvi turbare ma andando avanti con fiducia e speranza”.

“Gesù, oggi, dice anche a noi che il metro di giudizio non è la quantità, ma la pienezza. C’è una differenza fra quantità e pienezza. Tu puoi avere tanti soldi, ma essere vuoto: non c’è pienezza nel tuo cuore. Pensate, in questa settimana, alla differenza che c’è fra quantità e pienezza”. È stato l’invito che Papa Francesco ha rivolto ieri mattina, all’Angelus. “Non è questione di portafoglio, ma di cuore – ha chiarito -. C’è differenza fra portafoglio e cuore… Ci sono malattie cardiache, che fanno abbassare il cuore al portafoglio… E questo non va bene! Amare Dio ‘con tutto il cuore’ significa fidarsi di Lui, della sua provvidenza, e servirlo nei fratelli più poveri senza attenderci nulla in cambio”.

Il Pontefice ha raccontato, poi, un aneddoto, successo nella diocesi di Buenos Aires: “Erano a tavola una mamma con i tre figli; il papà era al lavoro; stavano mangiando cotolette alla milanese… In quel momento bussano alla porta e uno dei figli – piccoli, 5, 6 anni, 7 anni il più grande – viene e dice: ‘Mamma, c’è un mendicante che chiede da mangiare’. E la mamma, una buona cristiana, domando loro: ‘Cosa facciamo?’ – ‘Diamogli, mamma…’ – ‘Va bene’. Prende la forchetta e il coltello e toglie metà ad ognuna delle cotolette. ‘Ah no, mamma, no! Così no! Prendi dal frigo’ – ‘No! facciamo tre panini così!’. E i figli hanno imparato che la vera carità si dà, si fa non da quello che ci avanza, ma da quello ci è necessario”.

Di fronte ai bisogni del prossimo, “siamo chiamati a privarci – come questi bambini, della metà delle cotolette – di qualcosa di indispensabile, non solo del superfluo; siamo chiamati a dare il tempo necessario, non solo quello che ci avanza; siamo chiamati a dare subito e senza riserve qualche nostro talento, non dopo averlo utilizzato per i nostri scopi personali o di gruppo”.