Il nostro Avvento e il nostro deserto: come vivere dove non si vive

Foto: veduta del “deserto di Giuda”

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto (Vedi Vangelo di Luca 3, 1-6. Per leggere i testi liturgici di domenica 6 dicembre, seconda di Avvento “C”, clicca qui).

LA GRANDE STORIA DEGLI UOMINI E QUELLA DI DIO

Luca ci presenta il personaggio evangelico protagonista di questa domenica: il Battista, il battezzatore, il precursore. Per farci capire di chi si tratta, parte da lontano. Il padrone politico del paese è l’imperatore di Roma, Tiberio. Le regioni in cui si svolgono i fatti che poi il vangelo narrerà sono la Giudea, al sud, dove si trova Gerusalemme e dove governa Pilato e la Galilea, al nord dove è re Erode Antipa, figlio di Erode il grande, quello che regnava ai tempi della nascita di Gesù, quello dei magi e della strage degli Innocenti. Luca cita anche i sovrani (detti “tetrarca”, cioè signore di una parte soltanto di un regno) delle regioni confinanti: Filippo, anche lui figlio di Erode il grande e Lisania. L’evangelista non dimentica neppure le autorità religiose: Anna e Caifa. È nella storia concreta, in questa storia senza particolari fulgori esterni, che avviene l’intervento di Dio.

IL VASTO PICCOLO  MONDO DI GIOVANNI: IL DESERTO

Luca usa una tecnica tipica del cinema: “stringe” il campo, concentra sempre di più il suo sguardo. Dalla grande storia alla storia marginale di un lembo di deserto di un piccolo paese dell’impero di Roma. È il mondo di Giovanni. È lì, infatti, che avviene l’intervento di Dio, non negli splendori del  tempio, a Gerusalemme, dove Anna e Caifa governano. Ma il margine della grande storia diventa il centro della storia di Dio. Il deserto è il luogo dove le uniche cose che servono sono quelle necessarie. E tutte quelle che non sono necessarie diventano inutili, ingombranti e dannose, perché impediscono di camminare. Lì non si possiede se non il terreno sabbioso e bruciante sotto i piedi. Invece dei molti sacrifici che si fanno a Gerusalemme, Giovanni propone un gesto semplice e alla portata di tutti: un bagno simbolico nel fiume Giordano. Siamo vicini al deserto e tutto assume un fascino allusivo. La spoliazione di tutto, il silenzio, il vuoto e l’unica realtà che “riempie”: Dio e la sua Parola. La Parola di Dio viene su Giovanni, racconta Luca.

Anche la regione, nella quale Giovanni lancia il suo messaggio e invita al bagno e alla penitenza, non è casuale: ci si trova lungo il Giordano che è l’ultimo lembo di terra che Israele, a suo tempo, ha attraversato prima di entrare nella terra promessa. Il Battista, in effetti, è l’ultimo rappresentante del Vecchio Testamento. È lui che fa da tramite fra l’Antico e il Nuovo.

VIVERE NEGLI INTERSTIZI

Dio, il deserto e la regione del Giordano, regione di confine. in cui si trova il Battista. È un’immagine che ci interessa. Oggi, forse, ci troviamo, più che in altre circostanze, in un tempo di passaggio, quando qualcosa è finito e qualcosa non è ancora cominciato. Siamo nel deserto, dove le compagnie chiassose che ci rassicurano non ci sono più. È un tempo “interstiziale”, che sta “tra” (entre-deux, in-between), che sta “al margine”. L’interstizio è infatti ciò che sta fra due spazi o due tempi. Pensiamo ai molti interstizi della nostra vita: l’esperienza della perdita e del dolore, le insoddisfazioni, i tradimenti… tutte quelle esperienze nelle quali qualcosa ci è venuto a mancare e ci siamo trovati “senza”, in un tempo di passaggio. Anche la crisi che stiamo attraversando è un momento intermedio, tra un benessere che c’era e qualcosa che forse ci sarà…

Come esiste un tempo vuoto, così esiste uno spazio vuoto. Il deserto è il tipico spazio interstiziale: non si vive infatti nel deserto, vi si passa per andare da un luogo abitato a un altro. E invece il Battista ci vive nel deserto, vive dove non si può vivere, vive stabilmente dove di solito si attraversa. Ecco la nostra scommessa: riuscire vivere nei nostri interstizi. Non solo: riuscire a trovare una pienezza che non si vive di solito neppure in ciò che sta prima o dopo l’interstizio. Ricordiamo che anche il Bambino del Natale “scende” dalla sua pienezza nei nostri deserti, e, sceso tra noi, nasce fuori città, ai margini, in una stalla “perché non c’era posto per loro nell’alloggio”. Anche lui come il Battista è personaggio degli spazi vuoti, inabitati nei quali, però, egli porta la sua pienezza. È solo facendo nostra quella pienezza noi riusciamo a riempire i nostri spazi vuoti, i nostri interstizi, i nostri deserti.

L’ANNO SANTO DI FRANCESCO, IL PAPA STRACCIONE DELLE PERIFERIE

Papa Francesco ha aperto l’anno santo a Bangui: ha aperto la porta di legno della povera cattedrale di quella città. Su internet si sono scatenati i cristiani duri e puri che hanno rimproverato al Papa di aver aperto l’anno santo lontano da Roma: un evento da straccioni, una cosa inaudita. Ma ci piace notare una convergenza: Bangui dove Papa Francesco dà inizio all’anno santo, sta a Roma, come il deserto stava a Gerusalemme ai tempi del Battista. Il margine (“le periferie” come ama dire Francesco) diventano il centro per Dio. Ieri, come oggi.