Ancora a proposito di Charlie Hebdo e la libertà di stampa

Foto: Place de la République, una delle tante manifestazioni seguite all’attentato del 7 gennaio 2015

Abbiamo già pubblicato notizia e immagine riguardante Charlie Hebdo. Il settimanale satirico ricorda a modo suo, nel suo ultimo numero, l’anniversario dell’attentato nel quale morirono, nella redazione del giornale, il 7 gennaio del 2015, dodici persone. “L’assassino corre sempre”, dice la didascalia e l’immagine è quella di un Dio irato, barba e capelli, con tanto di triangolo in testa e un kalashnikov a tracolla: si tratta, in tutta evidenza, del Dio cristiano. Un Dio terrorista, dunque. Inutile tentare di contraddire una pacchianata del genere. Magari si potrebbe girare quell’immagine alle migliaia di cristiani morti per la loro fede.

Ma ci sembra più utile tornare sul tema della libertà di stampa. I signori di Charlie Hebdo confermano dunque che la libertà significa dire quello che si vuole di chi si vuole. Anzi, l’immagine ultima sembra suggerire che tanto più il bersaglio è alto e tanto più il colpirlo è segno di libertà. Ci sembra necessario notare che una caratteristica dell’intolleranza è fare di ogni erba un fascio. Per l’Isis basta essere cristiani per meritarsi la condanna a morte. L’intolleranza non ragiona, accusa e colpisce. Ma Charlie Hebdo non usa, forse, lo stesso metodo? Il Padre della parabola del figliol prodigo e il dio violento di certe frange dell’Islam sono la stessa cosa. Si combatte, in qualche modo, in qualche modo almeno, l’intolleranza con l’intolleranza. Ma per evitare il circolo vizioso bisogna uscirne. Charlie Hebdo, evidentemente, non ne vuol sapere e, forse, non ne è capace.