Riprende il processo Bossetti. Ma chi è Bossetti?

Foto: L’avvocato Claudio Salvagni,  difensore di Bossetti, intervistato dai giornalisti davanti al tribunale di Bergamo

Il processo per l’uccisione di Yara riprende con Massimo Bossetti, l’imputato, consapevole di quanto sarà difficile la sua partita. Finora l’interessato non aveva dato quest’impressione. Ma qualcosa è cambiato.

L’INATTESA LOQUACITÀ DELL’IMPUTATO

E infatti il muratore di Mapello, che per un anno e mezzo si è limitato a respingere l’accusa con un aplomb britannico, ha improvvisamente cambiato tattica, diventando perfino loquace. Interventi in aula, durante le ultime udienze, per confutare questo o quel testimone. Soprattutto, in chiesa, il ricordo commosso – al microfono, sull’altare – del padre legittimo, scomparso sotto Natale. Iniziativa quest’ultima certamente coraggiosa. Purtroppo l’opinione pubblica – di fronte al permesso di partecipare al funerale da parte della Corte d’Assise – non ha perduto l’occasione di dividersi fra giustizialisti e cosiddetti buonisti, dimenticando che, in morte di chiunque, nulla ha senso, salvo il silenzio. Ma questo, di civiltà, è un altro discorso.

A BOSSETTI NON BASTA LA DIFESA DEGLI AVVOCATI

Perché un simile mutamento d’indirizzo? Bossetti dev’essersi reso conto che affidare tutte le sue speranze a una difesa puramente tecnica non lo tutela abbastanza. Del resto gli avvocati ancora una volta non hanno potuto valicare il muro della carcerazione preventiva e il rifiuto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico opposto dai giudici alla specifica richiesta ne fornisce la conferma. La riconosciuta efferatezza del delitto – richiamata nell’ordinanza, ricalcando una precedente decisione della Cassazione – può far temere, senza costituire anticipazione di giudizio, che in caso di riconoscimento di colpevolezza il massimo della pena sia dietro l’angolo. Massimo della pena da tradursi in ergastolo, con isolamento diurno.
Ecco che l’imputato deve per prima cosa riuscire a far conoscere se stesso. L’ultima parola, sia prima della discussione sia all’ingresso dei giudici in camera di consiglio, sarà la sua. Obbligatorio spenderla al meglio. Pubblico ministero e difesa, nel corso della deposizione finale, tireranno l’acqua al proprio mulino. Compito del presidente del collegio, Antonella Bertoja, scavare nella personalità di quest’uomo contraddittorio. Un’indagine magari ininfluente per la ricostruzione di quel terribile pomeriggio in cui Yara fu brutalmente assassinata ma comunque indispensabile alla stesura delle motivazioni della sentenza, che richiedono anche un approfondito giudizio morale dell’imputato.
Chi è Bossetti, quarantenne attento alla cura della sua persona ai limiti del narcisismo? Eppure modesto lavoratore, sprovvisto del fisico del ruolo. Non solo di muratore, ma anche di sciupafemmine. Ciononostante marito di una bella donna, come Marita. E padre di due ragazzini. Una famiglia, la sua, che è riuscita nell’impresa di restare unita, almeno apparentemente, pur di fronte allo tsunami che l’ha travolta.

UNA COMPLESSA PERSONALITA’ TUTTA DA INDAGARE

Una personalità normale, tranquilla, riservata anche troppo, schiva attraverso quali contorti procedimenti mentali potrebbe essersi trasformata – a prescindere dalla validità o meno degli elementi raccolti dagli investigatori – in predatrice di minorenni? E quella stessa personalità non si sarebbe ribellata a un’accusa tanto grave, se innocente, invece d’assistere quasi come al cinema neppure il protagonista fosse un altro? Valutazioni, che non spettano al pubblico, sia ben chiaro. Ai giudici, però, si’. Perciò la sensibilità di Bertoja – un magistrato che finora ha diretto le operazioni con sicurezza – sarà l’ago della bilancia. Logico mettere in preventivo – quando sarà, ancora la data non è stata fissata – un esame minuziosissimo. Che Bossetti, alla resa dei conti, non si sottragga.