I concorsi pubblici e gli antichi vizi dell’italica gente

 

CONCORSI, RICORSI, NUOVI CONCORSI…

Niente di nuovo sotto il sole. Le cronache di questi giorni danno notizia di un ennesimo concorso pubblico incriminato, quello del 22 e 23 dicembre 2014 per individuare i capisala dell’ospedale di Treviglio. Stavolta l’accusa è che le domande fossero già state impiegate in un concorso a Bologna, e che quindi fossero facilmente reperibili sul web. Il nuovo direttore generale dell’ospedale ha disposto controlli, ma questa è materia da registi più che da investigatori, è una trama da commedia già vista e rivista.

LA SCUOLA E I SUOI CONCORSI, RICORSI, CONCORSI

La storia italica vanta un’illustre tradizione di concorsi-farsa, ultimo ma non ultimo quello per scegliere i presidi della Lombardia: si fa il concorso, gli esclusi dalla prova scritta fanno ricorso per presunte irregolarità, si dispone una nuova correzione, cambiano i risultati, gli esclusi della seconda ora ricorrono a loro volta, si rifà un’altra prova per tutti, si annulla l’orale e si tiene lo scritto. Tutto questo nel giro di quasi due anni, mentre le scuole del regno rimangono vacanti, perché lo spettacolo deve pur continuare. Il ministro Giannini, tempo fa, ebbe a dire che “concorso” è una parola intraducibile nelle lingue dei Paesi cosiddetti civili e avanzati, e infatti figura nel vocabolario italiano. A queste latitudini non si ha notizia, che io ricordi, di un concorso pubblico immune da proteste, reclami, querele, interventi di Tar e Cassazione, accuse e controaccuse, irregolarità e sospetti. Non parliamo poi dell’eventualità di abolire i concorsi: ci troveremmo di fronte al clientelismo legalizzato e costituzionalizzato, sarebbe un tripudio di nepotismo e raccomandazioni, corruzioni e scorciatoie, tutto per altro astutamente e copertamente garantito anche dall’attuale sistema di selezione.

CI SAREBBE DA RIDERE. PER NON PIANGERE

I politici si riempiono la bocca di meritocrazia, ma sono i primi ad alimentare un circolo vizioso senza fine: proprio i concorsi continuano a promuovere figure di burocrati mediocri, che a loro volta decidono e gestiscono un sistema eternamente ingessato che non cambia mai. Osservazioni impietose? Può essere, se qualcuno dimostra che lo Stato italiano è una macchina efficiente ed efficace, poco costosa e snella, veloce nelle pratiche e trasparente nel linguaggio.
Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere, in primis noi stessi: al di là di strepiti di piazza e monetine ai politici, al di là di bei discorsi e candide intenzioni, è sempre più forte il sospetto che a noi italiani, in fondo, vada bene così.