In America il nuovo film di Quentin Tarantino, il western “The Hateful Eight”, è stato un mezzo insuccesso: nel senso che ha incassato molto poco e non ha entusiasmato il pubblico che, al contrario, aveva premiato i suoi precedenti “Django” e “Bastardi senza gloria”. Una sorpresa per un lungometraggio contemplato come un vero e proprio kolossal (basti pensare che il regista americano ha deciso di utilizzare una pellicola 70mm, come si usava fare ai tempi dei grandi peplum come Ben Hur) e da cui ci si aspettava ben altro al box office. È stato surclassato di gran lunga, invece, da un altro western, “Revenant” di Alejandro G. Inarritu, con Leonardo Di Caprio, opera che l’ha sconfitto anche per le nomination all’Oscar (6 contro 3).
In Italia, invece, gli “odiosi otto” del film di Tarantino hanno da subito conquistato la vetta della classifica degli incassi e, secondo le proiezioni, raggiungeranno il livello di successo di “Django” e “Bastardi senza gloria”.
Perché questa differenza tra il nostro Paese e gli Stati Uniti? Un primo motivo riguarda il fatto che, tendenzialmente, il cinema d’autore (Tarantino è considerato un autore dei tempi postmoderni) è di solito più apprezzato in Europa piuttosto che in America, per una sorta di eredità genetica. L’Europa è stata la prima, infatti, a formulare il concetto di autorialità nel cinema e a portarlo avanti, mentre Hollywood ha sempre preferito parlare di industria e macchina produttiva. Ecco perché anche Woody Allen, altro autore contemporaneo, viene decisamente apprezzato più in Europa che nella sua città New York (e non a caso fa uscire i suoi film in anteprima nel Vecchio Continente). Ma c’è anche un altro motivo, che riguarda il significato profondo che il film di Tarantino porta avanti. Il suo western, infatti, è la demolizione dell’etica che ha sempre fatto da sottofondo al genere: l’etica positiva, ottimista, della redenzione, che è l’humus dell’idealismo americano.
“The Hateful Eight”, invece, promuove un’etica nichilista, violenta, distruttiva, in cui non c’è alcuna possibilità di redenzione e ogni personaggio è solo negativo. Gli otto protagonisti che si ritrovano, durante una tormenta, all’interno di una baita sperduta nei boschi innevati, sono cacciatori di taglie, ladri, assassini, che mentono, fingono e finiranno per trucidarsi a vicenda. Ci sono bianchi e neri, nordisti e sudisti, uomini e donne, ma nessuno ha un barlume di coscienza, pietà, moralità. L’America è, perciò, rappresentata da Tarantino come una democrazia nata dal sangue e che si ciba di sangue. Mentre sappiamo bene che il western classico raccontava la nascita di una nazione che credeva in un individualismo capace, però, di creare una socialità, che credeva nella patria, nell’amicizia, nell’amore, nella religione e su questi valori fondava una nuova, giusta, civiltà. Tarantino ha spazzato via tutto ciò e, in questo senso, ha creato un “anti-western”, totalmente lontano dalla tradizione americana. Ecco perché, a nostro avviso, la pellicola è stata rifiutata dal pubblico americano, che vive di quella tradizione e di quella mitologia positiva, e non in Italia dove il western è sempre stato un genere “esterno” (nonostante la variazione “all’italiana”), perché non appartenente alla nostra cultura.