Il Tabor di Gesù e i nostri piccoli sprazzi di luce

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme (Vedi Vangelo di Luca 9, 28-36. Per leggere i testi liturgici di domenica 21 febbraio, seconda di Quaresima “C”, clicca qui).

IL MONTE, LUOGO DELL’INCONTRO CON DIO

Gesù prende con sé i discepoli che gli sono più vicini, gli stessi che saranno chiamati ad essere testimoni dell’agonia del Getsemani. Salgono su un monte, quello che poi la tradizione ha identificato con il Tabor. Il monte è un elemento caratteristico che segna molte esperienze di incontro con Dio nel Vecchio Testamento. Mosè incontra Dio sul Sinai, Elia sul monte sente il vento leggero che segna il passaggio di Dio, sul monte Moria Abramo scopre Dio che gli ordina di non sacrificare il figlio… Gesù stesso, nel vangelo di Matteo, enuncia il discorso delle beatitudini sul monte. Mentre è sul monte Gesù “cambia aspetto”: la veste diventa bianca: è il colore di Dio, appaiono Mosé ed Elia, il legislatore e il profeta, i rappresentanti, dunque, di tutta la Bibbia che il credente ebreo riassume citando “la legge e i profeti”. Appare la nube richiama la nube che accompagnava gli ebrei durante la loro lunga traversata del deserto. Luca aggiunge di suo che la trasfigurazione avviene mentre Gesù prega, come se la trasfigurazione fosse una conseguenza della preghiera, segno a sua volta dell’intimità ineguagliabile di Gesù con il Padre.

Mosè ed Elia parlano con Gesù dell’esodo, cioè della “uscita” di Gesù da Gerusalemme dove si consumerà il dono della sua vita. Mosè ha reso possibile il primo esodo e Gesù, con la sua morte e risurrezione, renderà possibile il nuovo esodo. Come l’antico esodo aveva dato origine al popolo ebraico, così il nuovo esodo darà origine al nuovo popolo.

IL SONNO DEI DISCEPOLI

Ora, mentre tutta quella luce permette un inatteso squarcio sul cielo, i discepoli dormono. Sembra un’inspiegabile stranezza. In realtà, è ciò che succederà anche nel Getsemani: mentre Gesù agonizzerà per la paura della morte e l’angoscia, i discepoli dormiranno. Nei momenti cruciali i discepoli non capiscono e non partecipano, non pregano e non vegliano. Pietro, da parte sua, vorrebbe trattenere il Gesù luminoso e glorioso, così simile alle sue mai sopite aspettative di un Messia trionfatore e fa la sua proposta: costruire tre capanne per restare lì e godersi quella inattesa veduta celeste.  Ma, appena la voce cessa, Gesù resta solo. “Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto”.

LE NOSTRE “TRASFIGURAZIONI”. IL CORPO

Le nostre esperienze “estasianti”: Pensiamo al giorno del matrimonio, alla nascita di un bambino, a un viaggio che ci ha lasciato stupiti… La mia vita non sta tutta in quell’estasi. Ma quell’estasi era così bella che non mi rassegno a perderla. E il ricordo di quello che è stato diventa un grido verso quello che sarà. Sono stato così felice; voglio esserlo ancora. La trasfigurazione è il sorgere di una domanda che chiede una risposta che verrà soltanto in seguito.

Da notare che la luce, la trasfigurazione del Tabor riguarda il corpo. È il corpo di Gesù che manda luce. Il nostro corpo che sdolora, il corpo maciullato dalla guerra, il corpo esangue del bambino annegato… Il nostro corpo è opaco. Eppure è proprio nel corpo opaco che può venire la luce. I nostri piccoli Tabor sono i gesti di carità. “Ho avuto fame, mi avete mi avete dato da mangiare”. Chi avrebbe pensato che in un tozzo di pane, in un bicchiere d’acqua io possono incontrare Dio? “Tutte le volte che avete fatto questo a uno dei miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”. Il corpo diventa luminoso. È il nostro piccolo Tabor, la nostra personale trasfigurazione.