Solza e dintorni/Un punto di vista laico 1/Adulti che ne approfittano. Ma cosa pensare dei ragazzini che hanno imparato a vendersi?

IL FENOMENO NON È NUOVO

La vicenda dei ragazzi minorenni che si prostituiscono, in cambio di mancette e di cellulari, con il parroco, il vigile urbano, l’allenatore, il direttore di programmi televisivi hot – sempre che la magistratura confermi i racconti – ha squarciato un fetido sottosuolo. Ma non ignoto. I mass media e i social media illuminano, oggi più di ieri, le zone d’ombra delle nostre società fino a far apparire come nuovi fenomeni di lunga durata, tipici di tutte le società umane di ogni tempo.

I RAGAZZINI CHE VOGLIONO TOGLIERSI QUALCHE CAPRICCIO

Ciò che personalmente mi ha colpito in profondità non è il coinvolgimento degli adulti e neppure quello di un sacerdote. Con un pizzico di cinismo, si può sostenere legittimamente che neppure quest’ultima è una novità. Mi colpiscono, invece di più, dei ragazzi – ancora minorenni, secondo le convenzioni giuridiche – che decidono liberamente di vendere il proprio corpo, non perché spinti dalla fame e dalla miseria, ma per delle mancette, con cui togliersi qualche capriccio e rimediare una carica del cellulare. Solo nel corso dell’ultimo anno episodi simili sono emersi nelle scuole, a Roma e a Brescia. Cerco di reprimere la prima scontata e classica reazione, all’insegna del “dove andremo a finire?”. Vabbé, rinuncerò a fare il moralista. Ma non posso tacere del mio smarrimento. L’inquietudine resta e le domande si affollano.

CHI HA EDUCATO CHI?

La prima: chi ha educato chi? Chi ha indotto questi ragazzi a pensare che il proprio corpo sia una merce di scambio, una pura e semplice appendice accidentale dell’Io? Che personalità adulta emergerà da queste esperienze, nelle quali sessualità e affettività non sono reciprocamente coinvolte? E se il corpo è realmente l’incarnazione dell’identità di ciascuno, quali conseguenze ha sulla struttura della personalità la messa in vendita della propria identità per qualche spicciolo? I nostri ragazzi respirano un’aria tossica dall’ambiente che li circonda e che i luoghi educativi con fatica e con parecchi insuccessi riescono a depurare. La prima polvere sottile è l’idea che l’Io sia il centro dell’universo storico, che sia ingenerato e increato: un Io senza legami con gli altri, senza storia e tradizione. Lo chiamano narcissismo.

LIBERTÀ SENZA RESPONSABILITÀ

È probabilmente il prodotto di una sindrome di onnipotenza, generata dall’ideologia delle tecnoscienze, che stanno raggiungendo e sorpassando il limite della natura: tutto si può costruire, anche l’uomo. Di qui un’idea di libertà senza vincoli verso nessuno, senza storia, senza tradizione, senza relazione. Il confine tra questo senso di onnipotenza e un approccio nichilistico al mondo è assai labile. Questi ragazzi, i nostri ragazzi, non sanno naturalmente di Nietzsche, che del nichilismo è stato il teorico e il sensore, o di Heidegger, che ha criticato la riduzione tecnocentrica della realtà alla sua manipolabilità. Ma questi messaggi, espressi dai filosofi in linguaggi esoterici, arrivano da ogni dove, scendono dai social, dalle TV, dagli spot pubblicitari, dai film. E che questo nichilismo sia “gaio” o, come scrisse Allan Bloom, “senza abisso” non lo rende meno tragico, ma solo più accattivante e pervasivo. Uno tsunami di libertà senza responsabilità, senza relazione reale con il mondo, con gli altri. Un io plastico e informe, adattabile, liquido. Se sono certamente dei criminali – ancorchè con la tonaca o con la divisa – coloro che usano come predatori il nichilismo dei giovani, ma che dire di quanti educatori non si assumono i rischi dell’educare, del criticare, del fare contro-cultura, dell’andare contro-corrente?  Certo, le prediche lasciano il tempo che trovano. Ma una delle ragioni è che chi predica non è testimone di un altro Io, di un’altra libertà.