Solza e dintorni/Un punto di vista laico 2/ Lo strano tenore di vita di un prete

Se a un giornalista agnostico e laico è consentito tentar d’interpretare un vescovo, l’inedita e coraggiosa decisione di mons. Beschi d’anticipare la notizia dell’arresto del parroco di Solza per prostituzione minorile va intesa anche alla stregua di un atto riparatorio (non suo, ma dell’istituzione, la Chiesa). E soprattutto come l’indicazione di una via maestra imboccata e da non lasciare più. Ne è indizio, fra l’altro, la delicatezza del testo del comunicato, col riferimento alla comprensione per le sofferenze di chi della disgustosa vicenda sotto inchiesta sta pagando le conseguenze.

ATTO RIPARATORIO

Perché atto riparatorio? L’opinione pubblica è costituita da varie componenti, fra cui quella che fa di ogni erba un fascio e – di fronte a un prete pedofilo (ma in questo caso, forse, più esatto sarebbe parlare di accusa di corruzione di minori) – giudica pedofili tutti i preti. Ci sono però molti agnostici e laici, appunto, convinti, al contrario, della buona fede del mondo confessionale, in generale. Nel caso in questione, tuttavia, quasi tutti concordano su un punto. E cioè che il tenor di vita del sacerdote indagato, con quel Suv da 60 mila euro, non era normale. Oltre che non certo consono alla tonaca. Fuoristrada coi vetri oscurati, d’accordo, a testimonianza che l’interessato ce la metteva tutta per mantenere l’incognito. Ma possibile che nessuno abbia raccolto le voci che in paese – magari senza che si fosse compreso ciò che realmente stava accadendo – indubbiamente circolavano?

LA CHIESA E IL DOVERE DI VIGILARE

Questo è l’aspetto davvero devastante. E infatti questo pensa, non senza un po’ di ragione, la gente. La rete, amplificando il fenomeno, lo dimostra. L’ultim’ora della Curia significa che loro l’hanno detto appena venuti a conoscenza e anche di questo sono dispiaciuti. Va bene. Chi non ci crede è prevenuto. Però la mancanza resta. Una colpa insita, forse, nella Chiesa, quella Chiesa che – cambiando scenario – non s’è neppure accorta, recentemente, del monsignore con residenza alle Canarie e seconda casa in una villa da mille e una notte indagato in qualità di supposto truffatore in grande stile. Tanto per fare un esempio, ma le cronache sono piene di episodi che denotano azioni diciamo pure indegne. Come mai le autorità religiose si lasciano sempre crescere la serpe in seno?

TRASPARENZA

S’è dunque compiuto un passo avanti. Le indagini del resto chiamano in causa anche un vigile urbano, un allenatore di calcio giovanile, un presentatore televisivo. Le relative istituzioni di riferimento stanno offrendo l’impressione d’abbandonare al proprio destino i fatti all’esame della magistratura. Che un vescovo se ne occupi prima di un sindaco o di un amministratore delegato è doveroso, qualcuno eccepirà. Sì, ma i silenzi assordanti del clero erano stati finora di gran lunga predominanti.
Ecco perché un lungo percorso sta sperabilmente iniziando. La società corre in piena velocità. La sola strada per starle dietro passa, attraverso la caduta d’anacronistici tabù, per comportamenti connotati da autentica trasparenza. Per arrivare a destinazione, indispensabile predisporre strumenti idonei. Il dovere di denuncia, per esempio, non è previsto. E chi lo contrasta si rifugia in scuse pretestuose, come l’esigenza di preservare le parti lese (in generale) dalla pubblicità. Menzogne. Gestire un cambiamento reale, vuol dire avere il coraggio di far piazza pulita. È vero o non è vero che la Chiesa, quando vengono a galla situazioni obiettivamente ributtanti, è la prima danneggiata? E allora costituirsi parte civile può essere un primo sistema da adottare. Parola di laico, basta preti onesti azzittiti!