Gentilissime signore. Dieci lettere alle donne della Bibbia/Maria di Nazaret, la madre di Gesù

Immagine: Mantegna, Madonna col Bambino, Bergamo, Accademia Carrara

Madonna cara,

scrivere a te è come scrivere alla mamma o alla sorella maggiore. Il “tu” viene naturale, spontaneo, e con il “tu” la confidenza più tenera ed affettuosa, che tuttavia, tu lo sai bene, non dimentica che tu sei anche “alta più che creatura”. In questa lettera che ho l’immensa fortuna di poterti inviare non mi dilungherò nel dirti tutto il mio amore e la devozione che ho per te, perché questo è oggetto quotidiano dei nostri incontri nella preghiera.

SCRIVO A TE, “FIGLIA DEL TUO FIGLIO”

Ti scrivo perché da qualche tempo mi occupo dei rapporti tra le mamme bibliche e i loro figli. Ora, tra tutte le vicende materne di cui la Bibbia ci parla, la tua è senz’altro la più singolare, sia per il modo inconsueto in cui sei diventata madre, sia perché sei diventata la madre del Creatore, per la qual cosa, continuando a citare Dante, sei paradossalmente, ma davvero, “figlia del tuo figlio”.

LA TUA CONCEZIONE VERGINALE. MENO MALE CHE NON C’ERANO NÉ PARROCI, NÉ SACRA ROTA

A proposito di paradossi, le situazioni paradossali, dopo questa prima e fondamentale, nella tua vicenda si susseguono a raffica. La tua esistenza è tutta paradossale: Per cominciare, il tuo concepimento verginale per opera dello Spirito santo ti mette in difficoltà con Giuseppe, che arriva persino a pensare al divorzio prima ancora di sposarti. La sacra famiglia tentata dal divorzio! Roba da non credere. E meno male che allora non c’erano ancora né parroci, né monaci addetti alla confessione e alla direzione spirituale, perché sono convinto che se, con quel po’ po’ di problema tuo, fossi andata da un prete a confidarti e a chiedere  consiglio, non so se ti avrebbe dato l’assoluzione e penso che avrebbe avuto qualcosa da ridire anche allo Spirito santo, quanto meno sulla maniera da lui scelta per dare inizio al mistero dell’incarnazione. Mi chiedo anche che risposta avrebbe dato la Sacra Rota, se ci fosse stata e se San Giuseppe le avesse sottoposto il suo caso.

E che cosa avranno detto gli angeli a Betlemme, dopo aver cantato il loro solennissimo gloria all’Altissimo, vedendoti poi pulire il Figlio di Dio fatto uomo dalla pupù così poco divina? Poveri angioletti!

I TUOI COMPAESANI POI…

Paradossale è anche la scena del ritrovamento di Gesù al tempio, quando tu, come ogni mamma in ansia di questo mondo, “tiri le orecchie” nientemeno che alla seconda Persona dell’augustissima Trinità, senza la quale “niente esisterebbe di tutto ciò che esiste”. La paradossalità della tua situazione ha poi provocato, a quanto dice il vangelo, tutta una serie di equivoci di una comicità sottile, tra i compaesani, tra gli amici e tra gli avversari. Tutti credevano di aver a che fare con il “figlio del falegname del villaggio” e invece era nientemeno che l’immagine del Dio invisibile.

MA ANCHE TU NON CAPIVI

Quello che mi piacerebbe sapere è come ti sei trovata tu nella paradossalità della tua esistenza. Il vangelo ci dice ripetutamente che non capivi, che pensavi e ripensavi nel tuo cuore tutto quello che ti succedeva. Che bello! Anche tu non capivi. Anche tu ti interrogavi… Pensando a questo, mi viene da chiederti una cosa che mi incuriosisce da sempre. Dimmi! Sbaglio, o anche tu eri tra quei “suoi” di Gesù che, secondo Marco, “uscirono a cercarlo perché dicevano che era uscito pazzo”? Mi viene da pensarlo e, ti dico la verità, amo pensarlo, perché mi dico che i “suoi” non dovevano poi essere molti dal momento che era figlio unico.

NON SEI PROPRIO LA MADONNA DELLE IMMAGINETTE DA DEVOZIONE

Leggendo nel vangelo la risposta che Gesù ti dà al ritrovamento nel tempio e tante altre risposte che egli dà ai suoi discepoli quando gli parlano di te, viene da dire che non dev’essere affatto stato facile il tuo rapporto con Gesù, il quale era proprio un po’ (tanto) particolare. Se penso così dei rapporti tra te, Giuseppe e Gesù, certe immaginette soavi della sacra famiglia son tutte da buttare, perché del tutto fuori luogo. Ma ne esce un’immagine più vera, e anche più credibile, più proponibile alla considerazione delle povere nostre famiglie che fanno così fatica a fare la volontà di Dio.

Allora viene davvero voglia di guardare a te come ad un vero modello di madre, perché nonostante tutto hai conservato la fede e ti sei lasciata coinvolgere docilmente nell’ironia di Dio, che, come ci ha detto S. Paolo, si diverte a confondere i sapientoni e gli intelligentoni di turno per esaltare i semplici, che trovano naturali anche i paradossi più paradossali, perché niente è impossibile a Dio.

In chiusura, Madre cara, ti chiedo per me e per tutti una cosa sola: insegna anche a noi a stare al gioco di Dio con l’umiltà e l’intelligenza con cui ci sei stata tu. Penso che avremmo di che stare allegri per tutta la vita.