La mamma può fare il sindaco? Lasciate che siano le donne a decidere

Una donna che sia mamma può impegnarsi in un lavoro di responsabilità amministrativa e politica? E se è grassa e poco avvenente? Nessuno si sogna di fare certe domande a un candidato uomo, né di giudicarne la competenza sulla base di queste caratteristiche. La misoginia trova sempre il modo di farsi strada, a tutti i livelli, fino a tornare agli insulti da scuola media. Ma è indubbio che nell’immaginario collettivo vi siano certe cesure difficili da superare. La sfida è ribaltarle, perché se è vero che le donne possono fare quel che fanno gli uomini, è il contrario che non è dato…

Ma un uomo che sia padre, ancorché obeso, può fare politica? Oppure l’amministrazione pubblica in queste condizioni è un problema solo per le donne? La misoginia più o meno latente riesce a trovare sempre nuovi modi per esprimersi in pienezza: mamma, sovrappeso, bella, determinata. Sono tutti aggettivi che lungi dal definire una connotazione dell’essere donna, troppo spesso vengono usati come una clava per indicare una complicazione invalidante. Praticamente un handicap. Saranno pure state battute quelle con cui, nelle prime schermaglie delle varie candidature in corsa per il sindaco di Roma, si è riusciti ad apostrofare la potenziale concorrente incinta Giorgia Meloni con l’invito piuttosto perentorio di dedicarsi a fare la mamma e lasciar perdere l’agone politico. Anche Virginia Raggi, sempre a Roma, già madre di un bimbo di sette anni si è vista chiedere in alcune interviste se pensa che sia possibile “conciliare il ruolo di mamma e di sindaco”.
Il quotidiano “La Stampa” ha immediatamente lanciato un sondaggio online: secondo voi il ruolo di mamma e quello di sindaco sono inconciliabili? Non stupisce il 60% di no, ma il 40% di sì. Analoga indagine condotta sull’Adnkronos fornisce risultati ancora più netti: per ben il 75% dei votanti l’una cosa esclude l’altra.
Saranno pure, come avvisa l’agenzia di stampa, analisi “prive di valore statistico, trattandosi di rilevazioni basate su un campione non elaborato scientificamente”, ma comunque segnalano un disagio sull’argomento. Quindi una donna che aspetta un bambino non può governare una città, o fare il ministro, o condurre un’azienda? Se la cesura tra maternità e compatibilità di ruolo è così netta nell’immaginario collettivo, diventa difficile pensare che le donne possano sfondare. Persino Hillary Clinton per candidarsi alla Casa Bianca ha dovuto aspettare di essere ridotta al rassicurante ruolo di “nonna”, priva di responsabilità educative dirette. Vota la mamma non pare uno slogan molto fortunato. E che dire di Patrizia Bedori, in corsa a Milano, ritiratasi anche perché sconfitta dagli insulti sul suo aspetto fisico: brutta e grassa. Per tacere del “casalinga” e “disoccupata”. Ora, attaccare un avversario per la corporatura o l’aspetto, è già qualificante del livello di scontro. Non avendo altri argomenti validi da contestare si preferisce tornare al rassicurante mantra delle scuole medie: bruttona, grassona. E pazienza se mille Sanremo fa, il buon Alessandro Canino ci fece la sua fortuna canora… Quando capita a te è sempre un’esperienza spiacevole.
Al netto dell’appartenenza partitica di ciascun candidato donna in ogni singolo contesto elettorale, vorremmo potesse valere l’assunto che non si può essere giudicate inadatte perché madri o perché poco avvenenti secondo canoni che dovrebbero essere riservati alle passerelle e non alla politica.
Anche perché viviamo in un contesto così antifemminista che quando poi si fa strada una donna bella e capace, la vulgata ne attribuisce il successo a fattori poco ortodossi. È giusto e sacrosanto condannare la misoginia esplicita di certe invettive gratuite, e ribadire che non vi sarà vera parità finché non a un uomo verranno rivolte le stesse domande ma si smetterà di porle anche alle donne, per valutarne l’operato sui risultati, non sulla condizione. Ciascuna donna che sia anche madre, in ogni situazione lavorativa, dovrebbe (condizionale, perché è noto che così non è) essere libera di scegliere e valutare come dosare e utilizzare le forze e le giornate, senza sensi di colpa.

Però non sarebbe intellettualmente onesto far finta che alla nascita di un bambino certi ruoli siano intercambiabili.
È indubbio che quando un neonato piange perché ha fame è il seno della mamma che cerca, quando si sveglia di notte ogni tre ore il più delle volte è tra le braccia di mamma che si riaddormenta, quando è agitato è la voce di mamma che lo tranquillizza. Con buona pace di tutti gli ottimi e splendidi papà presenti nella vita dei figli, è proprio la gestione femminile della maternità che è diversa. Ogni donna faccia come si sente di fare, ma ricordiamoci che se è vero che noi donne possiamo fare tutto quello che fanno gli uomini è il contrario che non è dato. O no?