Adozioni internazionali, strada in salita: negli ultimi quattro anni si sono dimezzate

In merito al dibattito sulla riforma della legge 184 in tema di adozioni e affidamento dei minori, qualche parola con Giovanni Danesi, coordinatore dell’Associazione Il Conventino Onlus, che si occupa di adozioni internazionali. “Anzitutto bisogna dire che una riforma del sistema non è ancora stata predisposta, anche se invocata da più parti, perché la Commissione Adozioni Internazionali (Cai) si è dimostrata poco responsiva negli ultimi due anni e senza la sua presenza non esiste un mediatore efficace nella relazione con gli enti internazionali”. Questa è la prima delle difficoltà sottolineata da Danesi, la quale si accompagna ad un’ulteriore criticità data dall’innalzamento dell’età media dei bambini stranieri che vengono adottati in Italia: questa tendenza è data dal fatto che molti dei Paesi che prima necessitavano di dare in affido o in adozione molti dei loro bambini, oggi, grazie a migliori condizioni socio – economiche, possono far crescere le adozioni nazionali, riservando l’espatrio a bambini troppo grandi e troppo problematici. “Un cambiamento che si è osservato nel corso degli anni – commenta Danesi – è che prima, per definizione, si adottavano bambini (molto) piccoli e sani; oggi, al contrario, l’adozione internazionale è la soluzione per bambini (troppo) grandi e “malati”, tanto per problematiche fisiche quanto per vissuti emotivamente forti”. Scegliere di intraprendere la strada dell’adozione internazionale è un percorso lungo e impegnativo, che si costituisce di una serie di tappe, l’ultima delle quali è rappresentata dall’incontro con gli enti predisposti (64 in Italia) che se ne occupano. Questo lungo cammino, che vede la coppia interfacciarsi con servizi sociali e giudici che ne attestino l’idoneità, prevede come ultimo passo l’attesa del bambino una volta entrati in contatto con l’ente. “Quando la coppia arriva da noi è difficile che scelga di interrompere le pratiche di adozioni, considerata quanta strada è stata fatta prima. In generale, però, in termini nazionali, due coppie ogni dieci rinunciano all’affido durante questo processo”. E non solo non tutte la pratiche vanno a buon fine, ma negli ultimi anni si è anche assistito ad un calo del numero di queste, calo (nel 2008 Il Conventino contava 64 adozioni contro le 24 del 2014 e, in generale, in Italia le adozioni internazionali si sono dimezzate negli ultimi quattro anni) dovuto ad una serie di fattori: età sempre più avanzata dei minori da prendere in carico con conseguente sempre più ridotto numero di coppie disposte ad accoglierli, crisi economica che ha colpito il nostro Paese, il che ha significato e tuttora significa che sempre meno famiglie possono investire dai 13.000 ai 18.000 euro per un’adozione e, di contro, migliori politiche economiche nei Paesi d’origine dei bambini che permettono di trattenerli; infine, entrano in gioco anche fattori politici, per cui alcuni Paesi hanno scelto di interrompere questa pratica, come la Romania, mentre altri, quali la Bolivia dopo sette di interruzione, ha riaperto questa strada perché fonte di entrate. Ma, oltre a questi cambiamenti in fatto di numeri e politiche socio – economiche, Danesi sottolinea come da quando esistono le adozioni internazionali si sia assistito ad una costante e in diminuzione disponibilità delle coppie ad adottare, in termini di tempo, risorse ed energie. “Sono cambiate le coppie, meno pronte, meno aperte, nei confronti di bambini che sono uguali, sempre bambini con gli stessi diritti”.