Attentati a Bruxelles. Leandro Di Natala: “Da anni siamo sotto la minaccia dell’Is in Europa. Potrebbero esserci altri attacchi”

È il primo ministro Charles Michel in conferenza stampa a confermare subito che si è trattato di un attacco terroristico. Poi è arrivata la rivendicazione dell’Is. Si sono avverate così le peggiori paure dei servizi di intelligence e dei funzionari di sicurezza. Si è trattato di un attacco terroristico e coordinato.  Ecco l’analisi di Leandro Di Natala  che lavora a Bruxelles presso il Centro europeo di studi sulla sicurezza (Esisc), un punto di riferimento in Europa per lo studio del terrorismo in supporto alle intelligence.

Quali misure verranno prese?
«L’allerta è stata innalzata al livello massimo di 4, il che significa che saranno implementate tutte le misure di sicurezza possibili, limitazioni dei trasporti e controllo delle frontiere. Sicuramente già centinaia di militari hanno ricevuto l’ordine di essere dispiegati per le strade».

Chi ha colpito?
«Nei social media supporter dei jihadisti hanno inneggiato agli attacchi. Però è chiaro che siamo di fronte ad un attacco terroristico coordinato, avvenuto in un momento di grande esposizione mediatica».

In che senso?
«La tempistica è quanto meno sospetta, per cui è possibile che ci sia una correlazione con l’arresto di Salah Abdeslam per l’impatto mediatico che ha avuto nei giorni scorsi. E’ stato propagandato come una grande vittoria e, quindi, da un punto di vista comunicativo oggi era il tempo perfetto per i terroristi per effettuare un attacco terroristico».

Si è capito chi è e a chi è legato Salah Abdeslam?
«È una figura sicuramente minore. Ma è notizia di ieri che sono stati trovati dei detonatori nell’appartamento dove si nascondeva. Questo fa riflettere sul fatto che lo stesso Salah Abdeslam e i suoi complici stessero per preparare ulteriori attentati».

Si può parlare secondo lei di uno Stato islamico in Europa?
«Sicuramente lo Stato islamico è un gruppo terroristico che può contare su decine di simpatizzanti in Europa.Il Belgio ha il numero pro capite più alto di jihadisti che hanno raggiunto le milizie jihadiste in Siria e Iraq negli ultimi anni. Non c’è una realtà strutturata, però ci sono cellule che possono operare in maniera indipendente e ci sono lupi solitari che si autoradicalizzano e che possono agire in maniera altrettanto autonoma. Lo Stato islamico o come tale si è autoproclamato, persegue una strategia terroristica propria di un attore non statuale. Si trova in questo momento in una situazione di forte pressione militare in Medio Oriente tra Siria, Iraq e Libia, e per aumentare il suo grado di percezione all’interno della comunità jihadista, incita ad effettuare attacchi nei territori dell’Occidente. Il suo obiettivo primario è istillare panico e promuovere azioni eclatanti».

Quali sono i suoi punti di forza in Europa?
«Il punto di forza è l’ideologia di stampo salafita jihadista. In Belgio e in altre parti di Europa ci sono imam che possono diventare cattivi maestri e reclutare possibili jihadisti. Ci sono anche dei terreni fertili come quello nel quartiere di Molenbeek, in cui si percepisce una forte emarginazione sociale. Non è marginale il fatto che da Mohammed Merah fino a Salah Abdeslam, i jihadisti con il passaporto europeo hanno un passato delinquenziale. Il carcere spesso propone loro una via di riscatto, trasformandoli da delinquenti in guerrieri».

Che cosa è il salafismo di stampo jihadista?
«Il salafismo è una ideologia dell’Islam che si rifà ai primi seguaci di Maometto ma di per sé non è terrorista. Solo una piccola parte di questi ‘duri e puri’ si rifà ad una branca del salafismo di stampo appunto jihadista che persegue la guerra santa contro l’Occidente e l’occidentalizzazione nei paesi musulmani. L’attentato oggi di Bruxelles non ci deve però far dimenticare che questi bilanci orrendi di morti e distruzione ci sono tutti i giorni in Medio Oriente per cui le prime vittime di questi jihadisti sono i musulmani».

E l’Europa è stata a guardare…
«Il fatto è che l’Europa ha sottovalutato il fenomeno. La risposta deve essere lucida, razionale e a lungo termine. Quello che i terroristi vogliono è una reazione eccessiva volta a colpire in maniera indiscriminata. Una cosa però è certa: fino a quando ci saranno i cosiddetti ‘santuari’ dove i terroristi  potranno addestrare i combattenti all’uso delle armi, in Libia, in Siria o in Iraq è possibile che gli attacchi continueranno. Quello che è successo oggi non prende gli analisti di sorpresa. E’ una cosa che ci aspettavamo. Bisognerà vedere nel dettaglio gli eventuali errori commessi».

Visto che non siete stati presi di sorpresa, la domanda ora è: ci saranno altri attacchi in futuro?
«Bisogna essere consapevoli che è possibile che ci siano altri attentati. Da anni esponenti di al Qaeda e dello Stato islamico minacciano di attaccare i paesi occidentali. Se è possibile che in futuro ci siano altri attacchi come quello di Parigi e Bruxelles? La risposta è sì, è possibile. E questo deve spingerci a proseguire in politiche di sicurezza, di integrazione a lungo termine e di deradicalizzazione senza cadere però nel tranello di colpevolizzare tutto l’Islam. E’ una realtà con cui dobbiamo  inevitabilmente convivere per cui quello che si deve fare in questi casi è perseguire una strategia volta a rafforzare le misure di sicurezza ma anche e soprattutto essere resilienti alla paura».