Papa Francesco: Dio cancella i peccati alla radice, non come le macchie in tintoria. Confessare anche quando «è brutto»

Confessare un peccato anche quando “è brutto”, come ha fatto il re Davide. È l’invito del Papa, che con l’udienza di oggi ha terminato il ciclo di catechesi sulla misericordia nell’Antico Testamento, proponendo ai 30 mila fedeli presenti in piazza San Pietro una meditazione sul salmo 51, detto il Miserere, in cui «la richiesta di perdono è preceduta dalla confessione della colpa e in cui l’orante, lasciandosi purificare dall’amore del Signore, diventa una nuova creatura, capace di obbedienza, di fermezza di spirito, e di lode sincera».
«Il re Davide, chiamato da Dio a pascere il popolo e a guidarlo sui cammini dell’obbedienza alla legge divina, tradisce la propria missione e, dopo aver commesso adulterio con Betsabea, ne fa uccidere il marito», ha ricordato Francesco: «Un brutto peccato!», ha esclamato a braccio subito dopo, ma Davide riconosce la propria colpa, la confessa e così si riconcilia con Dio. «E qui Davide è stato umile, è stato grande!», il commento del Papa. «Chi prega con questo Salmo – ha proseguito – è invitato ad avere gli stessi sentimenti di pentimento e di fiducia in Dio che ha avuto Davide quando si è ravveduto e, pur essendo re, si è umiliato senza avere timore di confessare la colpa e mostrare la propria miseria al Signore, convinto però della certezza della sua misericordia». «E non era un peccato, una piccola bugia quello che aveva fatto, aveva fatto un adulterio e un assassinio», ha aggiunto a braccio Francesco.
Dio «non nasconde il peccato, ma lo distrugge e lo cancella». Lo ha detto il Papa, che durante la catechesi di oggi ha spiegato a braccio: «Ma lo cancella proprio dalla radice, non come fanno in tintoria quando portiamo un abito e cancellano la macchia. Dio cancella il nostro peccato proprio alla radice, tutto. Perciò il penitente ridiventa puro, ogni macchia è eliminata ed egli ora è più bianco della neve incontaminata».
«Tutti noi siamo peccatori: se qualcuno di voi non si sente peccatori alzi la mano! Nessuno. Tutti noi lo siamo», ha proseguito dialogando fuori testo con i fedeli: «Con il perdono, diventiamo creature nuove, ricolmate dallo spirito e piene di gioia. Ora una nuova realtà comincia per noi: un nuovo cuore, un nuovo spirito, una nuova vita».
«Dio è più grande del nostro peccato». Ad assicurarlo, nell’ultima catechesi dedicata alla misericordia nell’Antico Testamento, è stato il Papa. «Non dimentichiamo questo -, ha proseguito a braccio: – Dio è più grande del nostro peccato!». «No, padre, io non oso dire, ne ho fatte tante di cose grosse…», la possibile obiezione di un penitente.
«Dio è più grande di tutti i peccati che possiamo fare, Dio è più grande del nostro peccato», ha ripetuto Francesco, che ha esortato i fedeli a ripetere “insieme”, per tre volte: «Dio è più grande del nostro peccato». «E il suo amore è un oceano in cui possiamo immergerci senza paura di essere sopraffatti», ha proseguito Francesco, spiegando che “perdonare per Dio significa darci la certezza che lui non ci abbandona mai. Qualunque cosa possiamo rimproverarci, lui è ancora e sempre più grande di tutto, perché Dio è più grande del nostro peccato”. Il riferimento biblico del Papa è all’inizio del “miserere”, quando Davide implora Dio con queste parole: “Nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro”. Si tratta di un’invocazione, ha spiegato il Papa, “rivolta al Dio di misericordia perché, mosso da un amore grande come quello di un padre o di una madre, abbia pietà, cioè faccia grazia, mostri il suo favore con benevolenza e comprensione. E’ un appello accorato a Dio, l’unico che può liberare dal peccato”. In questa preghiera, per Francesco, “si manifesta il vero bisogno dell’uomo: l’unica cosa di cui abbiamo davvero bisogno nella nostra vita è quella di essere perdonati, liberati dal male e dalle sue conseguenze di morte. Purtroppo, la vita ci fa sperimentare tante volte queste situazioni; e anzitutto in esse dobbiamo confidare nella misericordia”.
“Noi, peccatori perdonati, che abbiamo accolto la grazia divina, possiamo persino insegnare agli altri a non peccare più”. Nella parte finale della catechesi di oggi, il Papa si è soffermato sulla “dignità” conferita dal perdono di Dio e sulle conseguenze che essa ha nella nostra vita e in quella degli altri. “Ma padre, io sono debole e io cado, cado, cado…”, ha proseguito a braccio Francesco immedesimandosi nella condizione del penitente: “Ma se tu cadi, alzati”, la risposta. “Quando un bambino cade, cosa fa?”, ha chiesto il Papa ai fedeli ancora fuori testo: “Alza la mano al papà o alla mamma perché lo alzi”. “Facciamo lo stesso”, l’invito del Papa: “Se tu cadi per debolezza, alza la mano, e il Signore la prende e ti rialza. E questa è la dignità del perdono di Dio. La dignità che ci dà il perdono di Dio è quella di alzarsi, perché lui ha creato l’uomo e la donna per essere in piedi”. “Il perdono di Dio è ciò di cui tutti abbiamo bisogno, ed è il segno più grande della sua misericordia”, ha detto Francesco sulla scorta del Salmo 51: “Un dono che ogni peccatore perdonato è chiamato a condividere con ogni fratello e sorella che incontra. Tutti coloro che il Signore ci ha posto accanto, i familiari, gli amici, i colleghi, i parrocchiani… tutti sono, come noi, bisognosi della misericordia di Dio”. “E’ bello essere perdonato, ma se tu vuoi essere perdonato perdona tu anche, perdona!”, ha concluso Francesco a braccio, salutato da un applauso.