L’antica reliquia e il germoglio. “La Sacra Spina punge tutti: chi crede e chi non crede”

Da quella piccola, antica spina è nato un germoglio: davvero un segno pasquale. «Allo stesso modo – sottolinea don Doriano Locatelli, direttore dell’ufficio liturgico, reliquiarista diocesano e membro della commissione per la Sacra Spina – la vita di Gesù, che muore per amore, fa nascere qualcosa di nuovo». Un oggetto piccolo, che quasi sparisce nella ricchezza del suo reliquiario: cinque centimetri appena. La Sacra Spina è protetta da una campana di vetro, retta e sormontata da angeli. La sua storia, se ne accettiamo l’autenticità, è lunga oltre duemila anni. Dal 1495, più di cinque secoli fa, è custodita a San Giovanni Bianco, e viene venerata in una cappella laterale della chiesa parrocchiale, protetta da un cancello, incastonata in un tempietto. Circondata dall’amore, dalla cura, dall’attenzione di tutta la comunità. Un oggetto umile, sì, e preziosissimo.
Da quando, lunedì sera, è stato annunciato che “il segno si è manifestato” stanno arrivando in pellegrinaggio migliaia di persone: “Una devozione composta, un atteggiamento raccolto” ha detto don Goffredo Zanchi, storico, docente del Seminario di Bergamo, membro della commissione nel 2005, ieri in visita sul posto. Il vescovo Francesco Beschi ha scritto nella sua lettera che il segno “non ci è stato donato solo per essere venerato, ma perché i nostri occhi si aprano sulle tante spine che ancora trafiggono il capo del Signore nei poveri, nei sofferenti, nei dimenticati, negli abbandonati, nei disprezzati, e il nostro cuore si spalanchi perché si manifesti nei confronti di tutti i crocifissi nostri contemporanei la forza dell’amore che attinge al gesto supremo dell’amore di Cristo”. In chiesa e sul sagrato, durante il triduo pasquale, non era difficile incontrare qualcuno che diceva “in un tempo cupo come questo ci vorrebbe tanto un miracolo”. Passato l’entusiasmo dei primi giorni, sembra ora particolarmente importante la riflessione rivolta dal parroco don Diego Ongaro nell’omelia della Messa durante la quale è stato fatto l’annuncio del prodigio: “In questi giorni abbiamo sperimentato quanto sia difficile dare un nome e un senso ai segni del Signore. Fin dal giorno di Pasqua qualsiasi fatto collegato con il mondo della fede provoca reazioni contrastanti: c’è chi si sente sollevato e chi distaccato, chi trova una marcia in più per credere e chi vi trova l’ennesimo imbroglio per catturare anime deboli”. E ancora: “La spina punge tutti, chi crede e chi non crede. Per chi ha fede non sono necessari questi segni, come pure per chi non crede non sono sufficienti per far cambiare idea. Alla luce della Parola di Dio può partire un cammino serio di riscoperta della fede, la parola del Signore, non i commenti dei commenti dei commenti, che lasciano il tempo che trovano e non fanno altro che creare confusione nella nostra testa e nel nostro cuore”.