I cristiani adulti di ieri e di oggi. A proposito delle critiche a Papa Francesco

Immagine: Francesco Messina, Santa Caterina da Siena, Roma, Castel s. Angelo (particolare)

Confesso che quando sento o leggo le parole spesso dure e aggressive dei sedicenti cristiani adulti su Papa Francesco mi viene un terribile mal di denti. E, siccome la lingua batte dove il dente duole, chiedo ai miei quattro lettori il permesso di sfogarmi un po’.

I CRISTIANI ADULTI DI OGGI E QUELLI DI IERI

Di fronte a certi attacchi contro il Papa dove non vedo traccia di amore alla Chiesa e al Signore, a me viene da pensare a Santa Caterina da Siena, che ebbe a che fare con i Papi di Avignone, che, come si sa, non erano propriamente colati giù dal cero pasquale, e, nonostante ciò, lei definisce il Papa “il dolce Cristo in terra”.

Sento già i nostri cristiani “non comuni” dire che Caterina Benincasa era una povera bigotta semianalfabeta, e sottolineeranno che, invece, il sommo Dante, indiscutibilmente buon cattolico, ma non bigotto, qualche decennio prima di lei si era permesso nella sua Divina Commedia, di prevedere al Papa del suo tempo, Bonifacio VIII, il posto già preparato all’inferno ancora prima della sua morte (Inf. XIX, 52-54). Questo, ovviamente, li fa sentire in buona compagnia nella loro aspre critiche a Francesco. Ma sbagliano, perché lo stesso Dante, parlando dello schiaffo di Filippo Nogaret, ambasciatore del re di Francia, allo stesso Bonifacio VIII, scrive: “Veggio in Alagna (Anagni, patria e residenza occasionale del Papa) entrar lo fiordaliso (il francese) e nel Vicario suo Cristo esse catto” (Purg. XX, 86s). In parole povere, l’offesa al Papa, che Dante riteneva degno dell’inferno, è vista dal poeta come un’offesa a Cristo stesso.

ALCUNE OSSERVAZIONI E UNA DOMANDA

Dante è universalmente riconosciuto poeta sommo in assoluto. Caterina Benincasa, da parte sua, sarà pure stata semianalfabeta, ma non era stupida se ha meritato il titolo raro di Dottore della Chiesa (maestra nella fede per tutta la Chiesa). Due grandissimi dunque! Ebbene, questi due grandissimi cristiani sono arrivati a porsi davanti al Papa con una parresia, (cioè con il coraggio, la sincerità e la libertà dei figli di Dio) almeno pari a quella che tanti nostri cristiani emancipati si attribuiscono con una punta di immodestia; ma quei due grandi, a differenza di questi, hanno avuto verso il Papa espressioni pubbliche (diconsi pubbliche) di commovente ineguagliabile devozione.

La mia domanda ai cattolici illuminati di oggi è se si sentirebbero di rivolgere a Papa Francesco espressioni anche solo lontanamente  simili a quelle di Dante e di Santa Caterina per i loro Papi.

Misericordiosamente glielo auguro e, per la loro salute spirituale, lo spero.