Papa Francesco a Lesbo. Gianni Valente: «Il suo sguardo è quello del Vangelo. L’accoglienza dei fuggitivi è un’opera di misericordia»

Il 16 aprile Papa Francesco si recherà a Lesbo, isola greca situata nell’Egeo nordorientale per esprimere la sua vicinanza ai profughi respinti dall’Europa e accolti dalla piccola e coraggiosa Grecia, dove attendono invano che si apra per loro un varco nel cuore del Vecchio Continente. Nell’isola, il Santo Padre, Sua Santità Bartolomeo e Sua Beatitudine Hieronimus II, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, incontreranno i profughi lì ospitati.

Fu proprio in un’isola, a Lampedusa, nel luglio del 2013, che avvenne il primo viaggio del Santo Padre. Gianni Valente, giornalista di “Fides”, “Limes” e “Vatican Insider”, sostiene che il tema dei migranti è particolarmente seguito da Papa Francesco, perché Bergoglio «ha individuato nel grande fenomeno dei movimenti di popolo un modo nuovo nel quale emerge la questione sociale e gli squilibri del sistema economico mondiale. Del resto anche l’Enciclica “Laudato sì” non parlava solo di ecologia, anzi, quest’ultima diventava una lente attraverso cui guardare i problemi del modello di sviluppo. Papa Francesco vede che a soffrire sono sempre i più deboli, a scappare sono sempre i più poveri, magari sulle carrette del mare, perché non trovano una soluzione migliore per spostarsi. Lo sguardo di Bergoglio è quello del Vangelo: applica ai fenomeni reali del momento presente ciò che la tradizione della Chiesa ha sempre indicato come le opere di misericordia corporali e spirituali, quelle richieste da Gesù nel Vangelo (Matteo 25) per trovare misericordia (ossia perdono per i nostri peccati) ed entrare quindi nel suo Regno. Una delle sette opere di misericordia corporale, la quarta (“Alloggiare i pellegrini”), è proprio quella dell’accoglienza del fuggitivo, del forestiero, del pellegrino. Quindi quella di Papa Francesco non è una strana “fissazione”, è lo sguardo cristiano sulle dinamiche umane che adesso si accorge che il flusso dei migranti è il flusso degli stranieri, novelli pellegrini, che vogliono entrare e verso i quali la Bibbia ha sempre raccomandato la capacità di accoglienza», dichiara il giornalista che è nato e vive a Roma e si è laureato in Storia religiosa dell’Oriente cristiano.

Con questo gesto eloquente si estende la geopolitica del Pontefice?
«Sicuramente le iniziative del Papa hanno anche una motivazione geopolitica, se ne sono accorti anche gli analisti che seguono con attenzione le iniziative, a volte spiazzanti, del Santo Padre. Anche lo stesso Papa Francesco è attento agli scenari geopolitici, però secondo il mio parere la radice delle sue iniziative non è mai di per sé solo geopolitica, cioè il Papa non agisce per affermare una geopolitica personale, un suo interesse specifico. Questa è la differenza rispetto a stagioni passate dell’azione della Chiesa nel mondo, quando, anche per colpa di meccanismi mediatici, la Chiesa era stata portatrice di propri interessi. La cosa nuova è che l’interesse di Bergoglio è esclusivamente “pastorale”. Papa Francesco è interessato ai flussi migratori come uomo, come cristiano e come Vescovo di Roma, il Pontefice non scinde mai l’aspetto umano dalle dinamiche politiche e di potere che causano le migrazioni. Ciò che sta più a cuore al Papa sono i bambini, le donne e gli uomini che soffrono e di conseguenza scappano dalle guerre. Bergoglio non riduce queste moltitudini di persone a numeri, dandogli solo una chiave sociologica. È proprio la sorgente pastorale ed evangelica del suo sguardo sul mondo che garantisce a Bergoglio quella genialità e l’acutezza per cogliere le dinamiche geopolitiche per quelle che sono. Il contributo specifico che può dare la Santa Sede, anche attraverso il Segretario di Stato di Sua Santità Pietro Parolin, il quale tra l’altro agisce in perfetta sintonia con Bergoglio, è quello di “sciogliere i nodi”, per citare l’immagine della Madonna che scioglie i nodi, alla quale il Santo Padre è devoto».

Anche questa volta Bergoglio recandosi a Lesbo decide di intervenire direttamente, rispondendo alla fragilità dell’Ue, giacché “nessuno vuole assumersi la responsabilità del loro destino”. La presenza nell’isola greca del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I fa sì che questo viaggio assuma anche un importante carattere ecumenico?
«Certamente. Bergoglio con Bartolomeo I e con il mondo ortodosso ha sottolineato varie volte che la fede è la stessa e quindi la prospettiva di una piena unità è all’orizzonte. Nello stesso tempo la comunione che lega cattolici e ortodossi non è più qualcosa di astratto, ma in virtù della fede che li unisce e del comune sguardo al Vangelo, entrambi guardano ai problemi del mondo, facendosi carico delle reali emergenze. Un risvolto pratico che fa sperare bene, auguriamoci che l’unità dei cristiani diventi qualcosa di visibile agli uomini secondo quello che aveva chiesto Gesù nel Vangelo: “Da come vi amerete, Mi riconosceranno”».

La visita pastorale a Lesbo arriva in un momento cruciale mentre l’accordo tra Unione Europea e Turchia è appena entrato in vigore, un’intesa che suscita molte perplessità in Vaticano. “Questi poveri migranti profughi non sono merce, sono persone”, ha dichiarato il cardinale Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio per i migranti. In sintesi, quali sono i passi salienti di quest’accordo definito dalla Presidente della Camera, Laura Boldrini “una macchia sulla reputazione della Ue come continente dei diritti umani”?
«È un accordo farraginoso e pieno di ambiguità nato per bloccare la rotta dei Balcani. L’idea di fondo è di respingere in Turchia tutti i profughi arrivati in maniera irregolare attraverso il Mar Egeo, molti dei quali sono giunti morti o sono periti di stenti durante il viaggio. Per ognuno di quelli che viene rimandato in Turchia eventualmente si prenderebbe un migrante che verrebbe “monitorato”. Ma è tutto da vedere, si ha l’impressione che le persone vengano trattate come pacchi postali. Dalla Grecia sono pronti a partire migliaia di respingimenti verso i campi della Turchia che riescono a ospitare solo alcune centinaia di migliaia dei circa due milioni e mezzo nel Paese. In Grecia ne sono accampati quasi 20 mila, a Lesbo, che attende Papa Francesco, sostano oltre 4 mila migranti dall’incerto destino e altri mentre stiamo parlando continuano a sbarcare nonostante i divieti».

Se il 16 aprile il Cancelliere tedesco Angela Merkel si recherà nel sud dell’Anatolia per inaugurare un centro profughi, al Passo del Brennero, dopo gli scontri fra attivisti italiani e polizia austriaca, l’esercito austriaco si è schierato con i primi cento uomini per sorvegliare il proprio confine a evitare l’ingresso di migranti giunti via mare in Italia. Il gesto di misericordia di Bergoglio dal forte significato politico, servirà a scuotere le coscienze di questa Europa tanto egoista quanto insicura?
«Speriamo, è chiaro che con l’accordo Ue-Turchia l’Europa tenta di nascondere il problema sotto il tappeto, per anni ci sono stati grandi dibattiti culturali da parte di gruppi che rivendicavano le radici cristiane dell’Europa e pretendevano che queste radici venissero richiamate anche nella costruzione europea. Ecco, questo accordo è la prova di fatto che si trattava di pure battaglie ideologiche, perché l’approccio dei governi europei nei confronti del fenomeno delle migrazioni non ha nulla di cristiano. L’accordo che respinge in Turchia i migranti irregolari ha ricevuto l’unanimità di tutti i governi».

“Lasciamoci sorprendere da Dio: Lui non si stanca mai di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e vuole condividere con noi la sua vita”. Ha conosciuto Jorge Mario Bergoglio nel 2002 quando si recò in Argentina per il mensile internazionale “30giorni nella Chiesa e nel mondo” e intervistò l’allora Arcivescovo di Buenos Aires. Cosa la colpì dell’uomo Bergoglio, il quale una volta diventato il 266° papa della Chiesa cattolica ha conquistato credenti e non, con la sua straordinaria semplicità e immediatezza?
«Esattamente ciò che colpisce ora tutti: il suo essere un pastore in cura di anime, la sua delicatezza e attenzione. Il primo tratto che allora mi sorprese fu la sensazione che l’Arcivescovo di Buenos Aires avesse a cuore la felicità della persona alla quale si stava rivolgendo. Adesso che Jorge Mario Bergoglio è diventato Papa sta semplicemente suggerendo a tutta la Chiesa che la Chiesa deve essere solamente un riflesso della luce di Cristo, come la luna brilla della luce riflessa del sole».