L’eretico risponde. A proposito di divorziati risposati

Non avrei mai immaginato di suscitare un vespaio con il mio editoriale ultimo: “I sacramenti ai divorziati risposati. Adesso alla luce del sole“.  Non solo per le pesanti osservazioni, condite, in alcuni casi di accuse neanche tanto velate di eresia, ma anche e soprattutto per la valanga di contatti che l’articolo ha avuto. Mentre scrivo (ore 23 di giovedì 15 aprile) quasi cinquemila visitors l’hanno visto. Non avrei mai immaginato, perché mi sembrava di aver detto cose scontate. E invece.

IL PARROCO ERETICO PARLA CON I SUOI FEDELI DIVORZIATI E RISPOSATI

Vorrei spiegarmi. Sono prete, anche monsignore e anche canonico, come si sono affrettati a scrivere i miei informatissimi accusatori. Vero: ma sono canonico e monsignore da pochi anni, sono invece parroco da quasi venticinque anni. Eppure i miei grandi critici ricordano i titoli recenti e dimenticano l’intera vita passata. Strano. Ora io sono soprattutto parroco, pastore. Mi hanno fatto monsignore quando ero parroco e perché ero parroco. Penso di potermi vantare dicendo che sento l’odore delle pecore.
Molte volte ho incontrato persone che erano passate a nuovo matrimonio. Con loro facevo un discorso pressappoco così.

“Il tuo matrimonio, il primo, quello che è fallito, è indissolubile. Questo è scritto nel vangelo. Non ce l’hai fatta a viverlo fino in fondo: vivere come una sola carne non è cosa facile, lo so perché me lo ripetono anche quelli che non si separano, e vivere così per tutta la vita è difficile”.

“Ma è stato lui a andarsene via con la segretaria…”, mi rispondevano; “Ma vivere insieme era diventato un inferno”, “Saremmo stati costretti a fingere per tutta la vita”… Ascoltavo. Spesso ritornavano lacrime.

Continuavo: Tu protesti perché la Chiesa ti esclude dai sacramenti. Permetti che anche la Chiesa abbia qualche difficoltà a decidere, con quel vangelo in mano? Vedi tu. Puoi anche vivere la tua fede senza confessarti e fare la comunione, sei cristiano, sei cristiana a tutti gli effetti.

“Scusa, però, perché allora insistete tanto sull’eucarestia?”. Ascoltavo. Non riuscivo a rispondere perché quell’obiezione, in fondo, la facevo anch’io a me stesso, alla Chiesa di cui, in quel momento, ero visto come rappresentante in qualche modo ufficiale. Mi sentivo come sdoppiato, insieme accusatore e accusato.

Continuavo: “Ma, secondo me, puoi anche decidere di accostarti ai sacramenti. Ti do l’assoluzione. Non significa però che il problema è risolto. Resta sospeso. Soltanto, in coscienza, da prete, mi pare di non poterti dire che sei condannato per tutta la vita. Tu ti assumi la responsabilità di chiedere l’assoluzione, io di dartela. E aspettiamo con fiducia”.

Dopo aver dato quell’assoluzione mi sentivo sempre assolutamente tranquillo. Ho sempre pensato che, se andrò all’inferno, non sarà certo per quelle assoluzioni. Sarò forse pretenzioso ma mi sembra che la Chiesa, alla fine, mi ha dato ragione.

Il “SANTO ARDORE” DEI CATTOLICI TUTTI D’UN PEZZO

Di fronte a cose così semplici, le considerazioni che vengono fuori dai nostri interlocutori sono apparse a me, monsignore, canonico e parroco, incomprensibili.
Mi si dice che devo entrare in merito. Il merito è quello che ho cercato di raccontare sopra. Il vangelo è soprattutto misericordia. E la misericordia cerca di capire, di capire, sempre, anche quando è difficile. La grazia, poi, non è mai possibile stabilirla, sia che si sospetti che non ci sia, sia soprattutto se sia sicuri di averla. Come faccio a dire che quei miei fratelli che si sono sposati di nuovo sono esclusi dalla grazia per sempre, che Dio non li ama più, che non c’è più speranza per loro? Perché questi cattolici così cattolici dovrebbero dirci che cosa pensano, loro, dei peccatori e che cosa pensano che ne pensi Dio, quello del Vangelo, il Dio di Gesù Cristo.
Insomma, se posso essere sincero, io sarò eretico, ma di fronte a queste affermazioni ho avuto la netta sensazione che i farisei non sono morti. Anzi. Loro, gli osservanti e, dall’altra parte, tutti gli altri.
Io, nel mio piccolo, sto con tutti gli altri, peccatori e fratelli, fratelli perché peccatori. Gesù mangia con i gabellieri, anche quando non si convertono. Ora io, monsignore, canonico e, soprattutto, parroco, non ho mai preteso di essere più cattolico di lui.