Alice, da Bergamo alla Bielorussia. Volontaria accanto a bambini con disabilità. “Ho imparato a superare gli stereotipi”

Mi chiamo Alice, ho 23 anni ed un serio problema a rispondere a domande come “racconta un po’ la tua vita, cosa fai e perché”. È difficile per me definire in poche parole la concatenazione di eventi e decisioni che mi ha portato a starmene qui, seduta alla mia scrivania nel mio ufficio ubicato in un palazzone sovietico appena fuori dal centro di Minsk. La verità forse è che una spiegazione non c’è, ma proverò comunque a fare un po’ d’ ordine.
Tre anni fa iniziai l’università e decisi di studiare russo, perché? Amore per la letteratura a parte, dopo anni di studio del francese e del tedesco volevo dedicarmi a qualcosa di completamente nuovo che costituisse una sfida per me. Infatti per tre anni il russo mi ha dato un po’ le stesse sensazioni che si provano durante il primo tormentato amore: momenti di gioia estrema susseguiti da picchi di disperazione. Disperazione che si è dissolta non appena mi sono laureata, a novembre del 2015.
Dopo un’esperienza Erasmus di dieci mesi in Germania, una volta tornata a Bergamo ho subito constato di essere cambiata, mentre tutto il resto attorno a me era rimasto come immobile. Allorché ho sentito l’urgenza di dover immediatamente prendere una decisione riguardo al mio futuro, di smetterla di dire “sarebbe bello se..” standosene davanti ad un computer e agire. Vagando per la rete, ho trovato questo annuncio di un progetto SVE della durata di un anno in Bielorussia, a Minsk. Senza pensarci troppo e senza troppe aspettative, ho inviato la mia candidatura. Dopo un colloquio in Skype e qualche scambio di mail, il responso: ero stata selezionata. Ho quindi contattato la cooperativa sociale Aeper affinché sostenesse la progettazione come ente inviante e abbiamo così ricevuto approvazione da parte dell’Agenzia Nazionale Giovani che in Italia gestisce il programma Erasmusplus nella sezione Youth. Non avevo mai pensato prima di quel momento alla Bielorussia e sapere che nel futuro immediato sarebbe stata la mia casa per ben dodici mesi mi ha fatto uno strano effetto. Sono pienamente consapevole che non è considerata la meta dei sogni da pressoché alcuna persona, ma è stata proprio questa sua caratteristica ad incuriosirmi ancora di più. Più i miei conoscenti insistevano nel propinarmi i più disparati pregiudizi e più non riuscivo a reperire alcun tipo di notizia riguardante questo stato di cui molti ignorano persino l’esistenza, più la mia eccitazione di gettarmi a capofitto in questa esperienza cresceva. Quando tutti mi sconsigliano di andare in un posto perché è oggettivamente pericoloso a detta loro, io sento l’impellenza di recarmi lì e giudicare con i miei occhi se la situazione è veramente così. E penso che questa mia idea di ricerca del bello in ciò che è considerato generalmente brutto sia anche riflessa nel mio progetto. Infatti, mi occupo di bambini con disabilità che vivono in istituzioni ed escono da lì solo raramente. Alcuni di loro hanno dei genitori che vengono in visita un paio di volte, altri sono orfani. Non sono tutelati e sono considerati da molti come degli individui “anormali”, come dei problemi da dover risolvere. Ma stando con loro sto pian piano imparando a guardare aldilà della visione generale e cercare di capire un po’ di più il loro mondo, che è solo “diverso” ma non “sbagliato”. Nel mio progetto visito anche delle istituzioni simili ai nostri riformatori giudiziari, in cui risiedono adolescenti che hanno avuto dei problemi con la legge. Anche in questo caso è molto importante per me liberarmi dai pregiudizi e riconoscere che sebbene questi piccoli uomini abbiano commesso degli errori, la loro infanzia è stata rubata ed è giusto che abbiano una possibilità di riscattarsi.
Quando non mi occupo di queste cose, sto in ufficio e dopo tanti anni finalmente ho il tempo di fare una delle cose che mi piace di più: scrivere. Ho iniziato a scrivere un blog in cui racconto le mie avventure e cerco di sfatare i falsi miti sulla Bielorussia, paese che dopo solo un mese posso già dire di amare alla follia.
Sebbene per la maggior parte delle volte io mi senta una cittadina del mondo senza alcuna dimora fissa, prossimamente dimostrerò il mio orgoglio italiano tenendo corsi di lingua e cultura.
Ora sono soltanto all’inizio del mio SVE, ma sono sicura che questa esperienza sta già contribuendo enormemente a rendermi la persona che ho sempre voluto essere.