Il giubileo della verità. In margine al tema della misericordia

Il Giubileo della Misericordia si potrebbe anche chiamare Giubileo della Verità. Me lo fa pensare il Card. C. Schönborn, Arcivescovo di Vienna, che in una sua recente omelia dice: “La misericordia ha due condizioni: la verità e il pentimento. Niente indurisce il cuore quanto la giustificazione di sé. Niente chiude di più… La verità è il terreno di atterraggio della misericordia, se non c’è verità sulle nostre situazioni, Dio non può donarci la sua misericordia”.

Leggendo queste parole, mi si son venute alla mente due figure che mostrano quanto esse sono vere. Si tratta del Buon Ladrone del Vangelo e del criminale francese Jacques Fesch dei tempi nostri.

IL BUON LADRONE

Il buon ladrone (rapinatore e assassino) è uno dei due crocifissi con Gesù. L’atrocità disumana delle sofferenze porta tutti e due a imprecare e a bestemmiare. Ma a un certo punto uno di loro vede che Gesù, crocifisso lì in mezzo, non solo non impreca, ma prega e arriva a chiedere a Dio di perdonare i suoi crocifissori. Per lui è uno shock che lo porta a rivedere la propria posizione personale. Smette di urlare e di bestemmiare e, rivolto all’altro brigante che continua invece a maledire il mondo e arriva anche ad insultare Gesù, lo redarguisce con un’affermazione di verità su Gesù e su di sé: “Noi riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male”. Poi, confidando in quell’uomo crocifisso per burla come re dei Giudei e che muore diffondendo perdono, aggiunge: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. A quel punto la misericordia del Signore, che si era manifestata poco prima nella preghiera per i carnefici, si rovescia anche su di lui: “Oggi sarai con me nel paradiso”. E così, giustizia e pace si sono abbracciate nella verità.

JACQUES FESCH

Jacques Fesch, un francese, nato nel 1930, cresciuto in un ambiente senza fede e senza amore, vive una vita senza senso. A 25 anni in una rapina uccide un poliziotto. Rapinatore e assassino come il ladrone del Vangelo. Al processo è condannato a morte. In carcere si converte. Alla fine di un anno di detenzione scrive nel suo diario: “Mi ha percosso un intenso dolore dell’anima che mi ha fatto molto soffrire; bruscamente in poche ore, ho posseduto la fede, una certezza assoluta. Ho creduto e non capivo come facevo prima a non credere. Gesù mi ha visitato e una grande gioia si è impossessata di me, soprattutto una grande pace“. Partendo dal riconoscimento del male fatto, la verità, che è Gesù stesso, lo rende sempre più libero e lo porta ad alte vette della mistica. Viene ghigliottinato nel 1957, a 27 anni. Davanti al patibolo lo sentono dire: “Signore, non abbandonarmi“.

Il buon Ladrone è stato il primo canonizzato, non da un Papa, ma da Gesù stesso. Di Jacques Fesch è introdotta la causa di beatificazione, per cui potrebbe essere il primo rapinatore e assassino dei tempi moderni elevato all’onore degli altari. Ma l’importante però non è questo. L’importante è che si colga il rapporto stretto che c’è tra verità, pentimento e misericordia.

E NOI?

Noi preti, iniziando la Messa, non possiamo limitarci a dire: «Per celebrare degnamente i santi misteri, domandiamo perdono dei nostri peccati». Il rito infatti, molto giustamente, vuole che diciamo: “Per celebrare degnamente i santi misteri, riconosciamo i nostri peccaTI”.
Il problema della misericordia sta qui. Infatti, come e di che cosa domandiamo perdono se prima non ci riconosciamo peccatori? Ma proprio questo è il difficile, perché il riconoscimento dev’essere convinto, leale, umile, nella verità appunto, evitando ogni scaricabarile, ogni autoassoluzione e ogni anestesia della coscienza. E dev’essere senza pretese, confidando solo sul Signore che non è venuto a condannare, ma a dare la via (e l’ha data) perché noi ci salviamo.
La misericordia non si merita; è già stata meritata e donata da lui sul Calvario. Aspetta solo di essere accolta. Ma senza il riconoscimento dei peccati essa non ha spazio per entrare. Il Card. Schönborn dice significativamente (ripeto): “La verità è il terreno di atterraggio della misericordia, se non c’è verità sulle nostre situazioni, Dio non può (non riesce a) donarci la sua misericordia”.