L’eucarestia, il pane che viene dal cielo, in pieno deserto

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: “Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta” (Vedi Vangelo di Luca 9, 11-17. Per leggere i testi liturgici di domenica 29 maggio, solennità del Corpo e Sangue del Signore o Corpus Domini, clicca qui).

I DISCEPOLI ENTUSIASTI E LA FOLLA AFFAMATA

Il brano si trova in un contesto significativo. I discepoli sono tornati dalla missione alla quale li aveva inviati Gesù e sono entusiasti dei risultati. Progettano di trovarsi fra di loro. La folla però si accaparra Gesù che, da parte sua, la accoglie parlando del Regno di Dio e guarendo malati. Arriva la sera e i discepoli vorrebbero di nuovo stare da soli con Gesù, per cui lo invitano a congedare la gente. Ma Gesù non accetta, anzi ordina ai discepoli di dare loro stessi da mangiare alle cinquemila persone accorse. Solo che il cibo manca: ci sono soltanto cinque pani e due pesci, il luogo è deserto ed è sera. La situazione di emergenza non potrà essere sanata dall’impotenza dei discepoli, ma solo da un intervento diretto di Gesù.

È il miracolo della moltiplicazione dei pani. I gesti compiuti da Gesù ricordano continuamente l’eucarestia. Così il verbo “fateli sedere” è lo stesso utilizzato per il racconto di Emmaus. Anche “benedisse, spezzò, diede” ripetono gli stessi gesti che Gesù compie nell’ultima cena.

Interessante, però, il gesto di Gesù: prende i pani dai discepoli, li offre al Padre, riconoscendoli come doni suoi, li ridà ai discepoli, trasformati: significano l’amore di Dio, anche grazie alla immeritata abbondanza con cui vengono distribuiti. I discepoli sono il nuovo popolo e, come l’antico popolo, possono partecipare della nuova manna che Dio dà loro.

 IL DESERTO, LA TERRA ARIDA E IL CIELO

Il ricordo che Gesù ci lascia (“fate questo in memoria di me”, dice la seconda lettura) è un pane da strada, che si trova là dove noi passiamo. Gesù si dà da mangiare, mentre siamo fuori casa, senza cibo… Le situazioni di smarrimento nelle quali ci troviamo, quando abbiamo paura degli altri, del futuro, di noi stessi… È il nostro deserto. Ecco proprio lì Gesù “inventa” il pane che può discendere solo dal cielo. Quando, infatti, siamo nel deserto disponiamo soltanto della terra secca e del cielo: se qualcosa di buono si può avere, non può certo venire dalla sabbia arida, ma dal cielo. Lo mangiamo, riconoscenti, tutti insieme. E in quel pranzo inatteso ritroviamo anche la fraternità che, lì, deserto, avevamo smarrito.

L’Eucarestia è questo: Non la “costruiamo” noi, ci viene donata e, in quel dono, ci ritroviamo fratelli.