“Adorazione”. Ho la sensazione di una cosa fuori moda

Immagine: s. Francesco di Cimabue, Assisi, Basilica

In occasione della festa del Corpus Domini, nella mia parrocchia si è parlato molto di adorazione. Non hai l’impressione che adorare sia un po’ fuori moda, anche nei riguardi di Dio? Franco

ADORAZIONE E IDOLATRIA

Non credo sia fuori moda, ma che sia, piuttosto, male orientata, caro Franco! Il peccato di idolatria, infatti, continua ad appartenerci; persino il male, camuffato di bene, non cessa di sedurre il nostro cuore rivendicando la nostra adorazione. Anche Gesù non ne è stato esente, come ci ricorda il brano evangelico delle tentazioni nel deserto: Allora Satana portò Gesù in alto e in un attimo gli mostrò tutti i regni del mondo, poi gli disse: “Vedi, tutti questi regni ricchi e potenti sono miei. Mi sono stati dati, ed io posso darli a chi mi pare. Ebbene li darò a te, se t’inginocchierai per adorarmi”. Gesù gli rispose: “Così si legge nelle Scritture: ‘Adora il Signore, tuo Dio; a lui soltanto rivolgi la tua adorazione’” (Lc.4, 5-8).

TRA IO E DIO

Solo a Dio, infatti, va tutta la nostra adorazione, solo dinanzi a Lui possiamo piegare le nostre ginocchia prostrandoci in preghiera, sicuri che tale sottomissione, lungi dal mortificare la nostra vita, la promuove dilatando ogni facoltà affettiva e intellettiva. Al contrario, quando ci “inginocchiamo” per adorare il nostro io, considerandolo il referente primo ed ultimo della nostra vita, oppure quando abbiamo l’ardire di innalzare sui “troni dorati” del mondo ciò che è semplicemente creaturale, offrendo l’incenso del nostro affetto, ci ritroviamo più poveri, schiavi dell’idolo che abbiamo fabbricato con le nostre mani. In tal modo, l’alto e nobile significato del termine adorazione, che in latino significa: “ad-oratio – contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio e quindi in fondo amore” (Benedetto XVI, 21 agosto 2005), ne rimane profondamente impoverito, deturpato e distorto.

I VITELLI D’ORO DI OGGI

Anche ai nostri giorni l’episodio biblico del vitello d’oro continua ad essere attuale: mentre le chiese si svuotano e il culto eucaristico si impoverisce, aumentano a dismisura coloro che bruciano incensi al toro d’oro del potere, del piacere, del denaro e che piegano le ginocchia ai vari “signori del mondo”, oggi di turno sulla terra.
“Tra voi, però, non sarà così” ci ammonisce il Signore! Il cristiano, infatti, sa bene che solo Dio è degno di tutta la nostra lode e della nostra adorazione, perché Lui solo è grande, Lui solo è buono.

S. FRANCESCO: “NON C’È NESSUNO ONNIPOTENTE ECCETTO LUI”

Così ci esorta san Francesco d’Assisi: “E lo stesso altissimo e sommo, solo vero Dio abbia, e gli siano resi ed Egli stesso riceva tutti gli onori e la reverenza, tutte le lodi e tutte le benedizioni, ogni rendimento di grazia e ogni gloria, poiché suo è ogni bene ed Egli solo è buono. E restituiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni e riconosciamo che tutti i beni sono suoi e di tutti rendiamogli grazie, perché procedono tutti da Lui. E quando vediamo o sentiamo maledire o fare del male o bestemmiare Dio, noi benediciamo e facciamo del bene e lodiamo il Signore che è benedetto nei secoli. Amen”.
Nella relazione intima e profonda con il Signore vi è il segreto di una vita “riuscita”: in ginocchio dinanzi a Dio, che nascosto in un piccolo pezzo di pane “si offre a noi in apparenza umile” (cfr. san Francesco), ciascuno cristiano proclama, silenziosamente, che “non c’è nessuno Onnipotente eccetto Lui” (ibid.) esprimendo, nel contempo, la grandezza della propria dignità umana, resa capace, per grazia, di stare al cospetto a Dio, il Signore del cielo e della terra e di vivere in comunione con Lui.

L’ADORAZIONE EUCARISTICA

La preghiera di adorazione all’Eucaristia, tuttavia, è difficile da vivere poiché necessita di silenzio esteriore ed interiore, di calma e di raccoglimento, di un cuore capace di desiderio e di passività per lasciarsi amare da Colui che si desidera con tutto il cuore, anche a costo di sperimentare il vuoto, il deserto, l’aridità e distrazioni di ogni genere: impegno e perseveranza, fede viva e semplice sono ingredienti indispensabili. A questo proposito il Santo Curato d’Ars racconta di un contadino che, ogni giorno e alla stessa ora, entrava nella chiesa parrocchiale, e si sedeva nell’ultimo banco. Non aveva libri di preghiere con sé perché non sapeva leggere; non aveva tra le mani nemmeno la corona del rosario. Ma ogni giorno, alla stessa ora, arrivava in chiesa e si sedeva nell’ultimo banco… e guardava fisso il Tabernacolo. San Giovanni Maria Vianney, incuriosito da quel modo strano di fare, dopo aver osservato quel suo parrocchiano per qualche giorno, gli si avvicinò e gli chiese: “Buon uomo… ho osservato che ogni giorno venite qui, alla stessa ora e nello stesso posto. Vi sedete e state lì. Ditemi: cosa fate?”. Il contadino, scostando per un istante lo sguardo dal Tabernacolo rispose al parroco: “Nulla, signor parroco… io guardo Lui e Lui guarda me”. E subito, riprese a fissare il Tabernacolo. Il santo Curato d’Ars descrisse quella come una tra i più alti segni di fede e di preghiera.