Tutti sfilano sulla passerella di Christo: ma c’è una sorpresa. La vera opera d’arte è il lago

Chissà cosa ne penserebbe Mosè di questa passerella sul lago.

Che piaccia o meno, che la si apprezzi o la si critichi, certamente la passerella dell’artista bulgaro Christo e la sua defunta moglie Jeanne-Claude ha il grande merito di fare parlare su scala internazionale di un territorio poco valorizzato a livello turistico.

Eppure il lago d’Iseo è una perla d’incredibile valore incastonata tra i monti e la pianura padana, a mezza via tra i due soffocanti colossi turistici di Garda e di Como, che meriterebbe un afflusso di visitatori costante.

Io, che sul Sebino affondo radici lunghe, sospese tra aria acqua e terra come quelle di un cipresso calvo sulla litoranea del Corno, vivo queste settimane di perpetua copertura mediatica e straordinario afflusso turistico come una piccola invasione del quieto alveare.

Non potevo pertanto esimermi dal testare di persona quello di cui tanto si parla: l’opera, le code, il traffico, i tempi di attesa, le difficoltà, i rincari, il caldo soffocante, le caviglie slogate, i divieti di transito, gli avvistamenti vip, i ritardi.

Mi sono dunque avvicinato alla passerella partendo da Predore, con il battello (meglio prenotare i posti sul sito, anche se nessuno, nemmeno gli improvvisati, è rimasto a terraferma). Moltissime persone, sì, ma nessuna difficoltà di parcheggio e nessun ritardo.

Non è poi tanto complicato cercare un metodo alternativo a quello che i media danno per congestionato fin dal giorno di apertura: basta scegliere come punto di partenza il territorio bergamasco, capace e pronto ad accogliere molte più persone di quante ne sono finora arrivate. L’importante è stare a debita distanza da Sulzano, dove l’affluenza di centinaia di migliaia di visitatori su un territorio costruito nei secoli per ospitare poco più di mille anime crea le prevedibili difficoltà.

I battelli dalla sponda bergamasca sbarcano a Sensole, permettendo l’accesso alla passerella già dall’isola, in senso inverso rispetto al flusso più corposo dei visitatori, e senza fare code d’ingresso. Il caldo soffoca (peccato non sia permesso farsi un tuffo), la passerella è gommosa, ondeggia un poco, scotta sotto i piedi, e l’ombra a Montisola e dintorni è merce rara sempre, non solo ora. Il colore è magnifico, la sensazione piacevole, il panorama unico.

E lì viene il valore dell’opera. Perché sommersa dalle critiche confusionarie di capre urlatrici o dalle lusinghe accaparravoti di politici fischiati, la passerella è diventata protagonista di un’opera d’arte di cui doveva essere solo cornice.

Il lago è la vera opera d’arte. E allora giudicate quello. Giudicate se vi piace viverlo, dal centro, camminandoci sopra, se vi piace il paesaggio, il sole, l’acqua, le sponde a picco del Corno di Tavernola, l’inchino alle acque del paese di Sulzano, il riflesso placido delle onde, il colore che varia ogni giorno. Godetevi la Madonna della Ceriola che vi sovrasta, il borgo romantico di Peschiera Maraglio, gli ulivi temerari che si oppongono al sole. Fermatevi a osservare i cigni, gli svassi con i loro piccoli, i germani reali e le folaghe che nuotano con leggerezza e passeggiano su e giù dal telo con impudente disinvoltura. Valutate la bellezza dell’isola di San Paolo e sorvolate almeno per un attimo sui motivi del successo dei suoi proprietari così come sorvolate sulle magliette cucite a Taiwan che indossate, sulla manodopera brasiliana nelle vostre automobili, sull’origine del metano dei fornelli di casa, sul caporalato agricolo nei vostri frigoriferi e la benzina saudita nei motori delle vostre auto.

La passerella non è il fulcro, la passerella è la confezione. E se grazie ad essa siete venuti a vedere il lago con i vostri occhi, escludete l’arancione dai ricordi e chiedetevi: ne è valsa la pena? A ognuno la propria risposta. Io, almeno su questo, non ho alcun dubbio.