Il «mercato nero» delle ripetizioni scolastiche: un business da 900 milioni di euro. «Per le famiglie una tassa in più»

“Quanto vale il mercato nero delle ripetizioni scolastiche” è il titolo della recente ricerca della Fondazione Luigi Einaudi che indaga questo “piccolo tesoro” non dichiarato al Ministero delle Finanze. Il business delle lezioni private coinvolge 150mila studenti delle scuole medie e 500mila alle superiori, anche perché le scuole non riescono quasi più a organizzare i corsi di recupero istituiti nel 1995 dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione Francesco D’Onofrio. Materie quali latino, greco, matematica e fisica sono quelle che costano di più per le ripetizioni che gravano, quindi, sul bilancio delle famiglie, le quali, come  dichiara Lorenzo Castellani, direttore scientifico della Fondazione Luigi Einaudi, «pagano una tassa aggiuntiva, quella appunto delle ripetizioni, per le difficoltà della scuola pubblica di formare i propri allievi. Le famiglie finanziano prima la scuola con la fiscalità generale e poi sono costretti a pagare anche per le ripetizioni private dei figli».

Quanto avete stimato questo giro d’affari che resta celato al fisco?

«Abbiamo stimato un giro d’affari prossimo ai 900 milioni di euro tra scuole medie e superiori. Alle superiori quasi il 50% degli studenti prende ripetizioni, alle medie quasi il 20%, con un costo medio rispettivamente di 27 euro e 15 euro».

La maggior parte degli intervistati ha dichiarato che l’insegnante privato presso il quale si è tenuta la prestazione non ha rilasciato alcuna ricevuta fiscale. È vero che si tratta di informazioni ottenute grazie a un sondaggio anonimo?

«Certo, abbiamo sondato anonimamente 500 studenti e 500 genitori per elaborare il campione statistico. Il 90% ha dichiarato di non aver ricevuto alcun documento fiscale a seguito del pagamento».

Che cosa si potrebbe fare per evitare che il sistema delle ripetizioni continui a prosperare a danno del fisco?

«Ci sono due soluzioni da noi proposte. La prima opzione, quella che preferiamo, è proprio quella dei corsi di recupero. Far lavorare, non gratuitamente, di più i docenti per evitare che si spendano fortune in ripetizioni. I cittadini pagano oltre il 50% di imposte allo Stato italiano e il servizio offerto dalla scuola pubblica dovrebbe essere senza dubbio migliore e più vicino agli studenti. La seconda opzione è quella di regolamentare il mercato delle ripetizioni portando i docenti privati a uscire dal nero dichiarando al fisco il proprio secondo mestiere. In questo caso, andrebbe istituito anche un sistema di sanzioni per chi continua a lavorare in nero. Non si può vivere in uno Stato in cui i cittadini sono sottoposti a elevatissima tassazione e gli insegnanti della scuola pubblica passano la mattina a scuola e il pomeriggio a casa a dare ripetizioni in nero, costruendo il secondo stipendio. Non funziona, è un danno dello Stato alle famiglie e agli studenti».