Volevo esserci anche (R)io. E dopo questa scorpacciata di sport, noi tifosi da oggi come facciamo senza Olimpiadi?

La parte più brutta di una festa è quando tutto finisce e sui tavoli rimangono solo i resti di quello che è stato con ogni pietanza, oggetto, briciola, angolo che ricordano qualcosa di ore o giorni belli passati insieme a qualcuno a cui si vuole bene, per festeggiare qualcosa in cui si crede. Ebbene noi con le Olimpiadi che sono terminate da poche ore proviamo esattamente questa sensazione ed ecco perché la storia olimpica di oggi siamo noi, intesi come tifosi e appassionati di sport. Abbiamo vissuto sedici giorni intensi, coinvolgenti, commoventi e anche impegnativi con le nostre giornate scandite da gare, medaglie, qualificazioni, vittorie, sconfitte, qualificazioni e programmi sempre sotto controllo, ma mai veramente utili perché confusionari. E poi la televisione costantemente sintonizzata su Rai2 per non perderci nemmeno un secondo di quanto accadeva a Rio de Janeiro, tanto che per sedici giorni abbiamo dimenticato tutto il resto del palinsesto televisivo.
E ora che tutto è finito? Ora rimane un bel vuoto, stamattina ho acceso la televisione che naturalmente era sul secondo canale Rai e quando ho visto che al posto di Bolt, Zaytsev, pallanuotisti, ginnaste, tiratori, corridori e nuotatori c’era il solito programma estivo per casalinghe e casalinghi mi è venuta voglia di tornarmene a letto sperando di risvegliarmi con i miei eroi, come se il programma fosse solo un brutto incubo. E invece no, e invece era la realtà e allora per un attimo, con gli occhi ancora appiccicati dal sonno della notte, mi sono imbambolato davanti al caffè attendendo che le immagini di questi giochi scorressero davanti a me per farle mie e conservarle.
In un colpo solo mi sono venute in mente le tante immagini di sportività che mi hanno sorpreso dalla prima all’ultima perché, purtroppo, non siamo più abituati: avversari che si stringono la mano dopo battaglie all’ultimo sangue, arbitri che prendono decisioni molto discutibili ma che non ricevono alcun tipo di protesta, tifosi di altre nazionalità che durante una partita scelgono di tifare davvero per gli ‘stranieri’ e poi ancora atleti che aiutano a rialzarsi gli avversari per arrivare al traguardo insieme, corridori che svengono ma che vogliono raggiungere il traguardo ad ogni costo e ammissioni di inferiorità da parte di molti atleti con conseguenti complimenti agli avversari che gli hanno appena scippato (sportivamente) una medaglia, anzi un sogno di una vita. E poi le immagini di quei campioni che hanno vinto l’oro olimpico e annunciano il ritiro perché oltre ad un oro olimpico non c’è più niente.
Arrivano poi le espressioni degli atleti africani che corrono, corrono e corrono col volto scavato dalla fatica, atleti di paesi sperduti che onorano l’Olimpiade perché ringraziano il loro Dio per avergli consentito di uscire dalla propria patria e scoprire un mondo nuovo, i brasiliani che vanno oltre al proprio limite per non sfigurare davanti alla propria gente, gli americani che trionfano in lungo e in largo, i cinesi che non cambiano mai espressione sia che vincano sia che perdano, ma che dimostrano la loro occidentalizzazione con una proposta di matrimonio in mondo visione. E poi ci sono i nostri atleti italiani che ci hanno regalato emozioni talmente forti da riuscire a cambiare il volto di una giornata: Nibali ad un passo dall’oro che finisce a terra e non si rialza più, gli schermitori che fino all’ultima stoccata ci tengono attaccati allo schermo pur capendoci poco di fioretti, spade e sciabole, Tania Cagnotto che addolcisce le serate con la sua qualità e il suo modo di fare timido e sorridente, Elia Viviani che rischia l’osso del collo pur di afferrare la medaglia d’oro, Basile che con la sua sfrontatezza ci ricorda che tutti possiamo raggiungere il nostro sogno, i tiratori cecchini che ci ricordano quanta tradizione c’è in Italia in certi settori anche nobili, Paltrinieri che ci insegna a dare ancora di più quando partiamo coi favori del pronostico perché nessuno ci regala nulla, il volley che ci dice di non mollare mai nemmeno ad un millimetro dalla sconfitta e i pallanuotisti che ci richiamano all’ordine spiegandoci a suon di vittorie che non c’è solo il calcio nel nostro paese. Dunque le immagini di noi stessi che puntiamo la sveglia alle 3.30 e che ci alziamo per tifare e per saltare sul divano anche a notte fonda, che spostiamo qualunque appuntamento pur di vedere quella finale e che ora contiamo i giorni che ci separano a Tokyo 2020, ai prossimi giochi che ci emozioneranno ancora e ancora perché non ci sono mondiali di calcio, campionati di serie A, cambiamenti del mondo che tengano: l’Olimpiade è una storia infinita, capace di riprodursi e rinforzarsi ad ogni edizione. Grazie di tutto, Rio, il caffè si è freddato ed è il momento di abituarsi a tornare alla vita di tutti i giorni, senza di te.