Nonno dona 800 mila euro all’ospedale che ha curato il tumore al cervello del nipotino

“Ognuno deve contribuire allo sviluppo e al progresso. … Ho la fortuna di poterlo fare, non vedo perché dovrei starmene con le mani in mano. Non ci trovo niente di eroico”. Sono le parole di Alfredo Aureli, imprenditore di 72 anni di Verucchio, in provincia di Rimini, dopo aver donato all’Istituto Gaslini di Genova ben 800mila euro. Lo racconta “Il Secolo XIX”. Il signor Aureli è sì un imprenditore di successo, ma prima di tutto è un nonno, un uomo che cinque anni fa ha visto diagnosticare un tumore al cervello a uno dei suoi nipotini e ha deciso di sostenere in prima persona quella buona ricerca che ha visto in azione. Quando al piccolo Davide, che all’epoca aveva due anni, i medici dell’ospedale di Bologna avevano dato poche speranze, tutta la famiglia si era trasferita a Genova dove il tumore è stato affrontato con terapie molto intense che si sono rivelate vincenti. Tanto che Davide ora sta bene e va a scuola. La prima donazione di 500mila euro, ha spiegato Aureli, è stata deliberata quando il bambino ancora era in cura, solo sulla scorta della “grande umanità trovata al Gaslini”. Una cosa così inusuale da lasciare l’uomo e la sua famiglia “colpiti e commossi”, e da far decidere per una donazione, con il vincolo che i soldi “sarebbero dovuti servire a migliorare ancora di più il capitale umano dell’ospedale, ad assumere medici appassionati e competenti”. La donazione è stata vincolata al buon uso dei fondi da parte dell’ospedale, ma il nosocomio genovese li ha investiti così bene che l’imprenditore ha firmato per una seconda tranche di 300mila euro. Travolto da una notorietà non cercata, Aureli ha mantenuto il suo profilo defilato e ha impartito in tre righe un insegnamento d’altri tempi: “Non ci trovo niente di eroico”, ha ribadito, gli eroi sono gli altri, i medici. Lui ha solo messo a disposizione quello che aveva, quello che in coscienza si è sentito di investire, di offrire affinché altri bambini come suo nipote possano continuare ad usufruire di un centro di eccellenza in cui sperare di guarire e riuscirci. Non l’ha fatto con leggerezza, non ha dato denari a fondo perduto. Ha visto cosa funzionava, cosa serviva, cosa avrebbe aiutato a funzionare meglio e ha deciso di fare quello che ha ritenuto giusto, valutando che avendo molto, poteva donare molto. È stupefacente l’assonanza con la storia della struttura: l’Istituto Giannina Gaslini, come si legge sul sito istituzionale, “è nato è nato per un atto d’amore e di solidarietà del Senatore Gerolamo Gaslini per onorare la figlia morta in tenera età, allo scopo di assicurare all’infanzia la migliore assistenza sempre sorretta dalla ricerca”. Giannina morì nel 1917 a soli 11 anni per una peritonite e il padre (“Non sono un uomo di scienza, ma mi rendo perfettamente conto che solo partendo dalla ricerca scientifica, opportunamente diretta, i medici che hanno cura dei bambini possono assolvere in piena coscienza il loro non facile compito”) si spogliò di tutti i suoi beni disponendo che le risorse del suo patrimonio dovessero essere devolute alla ricerca. Un esempio emulato in questi giorni non solo dal riminese Alfredo Aureli, ma anche dall’imprenditore varesino Renato Giuliani. Giuliani ha infatti disposto nel suo testamento un lascito di sette milioni di euro da utilizzare in progetti di beneficenza per diverse associazioni del territorio. Di questi, 784mila euro sono stati destinati a favore dei piccoli ricoverati all’ospedale materno-infantile Del Ponte di Varese. Storie di ordinario eroismo, quello di tutti i nonni verso i nipoti, anche quando non sono i loro.