Il Consiglio d’Europa dice no all’utero in affitto: «Donne e bambini non possono essere mercificati»

Il Consiglio d’Europa ha detto no al “Rapporto De Sutter” e al suo tentativo di sdoganare e rendere lecito l’utero in affitto. Il voto arriva dopo un percorso contestato, dipanatosi in due anni di accesi dibattiti, sette mesi di confronto in Commissione a Strasburgo e ben quattro precedenti voti negativi del Comitato per affari sociali, salute e sviluppo sostenibile, culminato ieri in una votazione trasversale e inequivocabile. Per l’approvazione era infatti richiesta una maggioranza qualificata dei due terzi, ma lo scrutinio non ha lasciato margini: con 83 contrari, 7 astenuti e 77 favorevoli il Consiglio ha bocciato il Rapporto. È così caduto nel vuoto anche l’ultimo appello della senatrice belga Petra De Sutter, ginecologa, relatrice del documento in discussione e favorevole alla regolamentazione della maternità surrogata. Un interesse di cui è lecito sospettare la bontà, stante che la De Sutter è responsabile di una clinica a Gand che fa della maternità surrogata la sua principale attività, in partnership con una struttura omologa in India che mette a disposizione le “portatrici” low cost. Un palese conflitto di interessi, pur respinto dalla Commissione affari sociali, che non ha impedito alla De Sutter di esprimere un’istanza di chiarissimo tenore: «poiché non tutti gli Stati membri sono favorevoli al divieto universale, la pratica va resa possibile e legale ovunque e non delegittimata». Ma i deputati presenti hanno valutato la questione diversamente, rigettando il Rapporto e confermando quel “no” alla maternità surrogata già espresso dall’Europarlamento nel dicembre scorso con un emendamento votato nel quadro del Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo.

Un voto importantissimo quello di ieri, che mette un punto fermo e un argine robusto a una pratica commerciale crudele, fondata sullo sfruttamento del bisogno delle donne più povere e la mercificazione dei figli, che ha trovato una ferma opposizione non solo tra i cattolici, ma anche tra le femministe di tutta Europa. La scrittrice e filosofa francese Silvyane Agacinski, ha detto in più occasioni che «le lobby delle industrie biotecnologiche esercitano una pressione tremenda» poiché la procreazione medicalmente assistita «rappresenta un grosso affare economico», così «le agenzie comprano e vendono ovociti e spermatozoi, ma quello che più manca alla loro catena di produzione è la disponibilità del ventre femminile. E allora si rivolgono a donne molto fragili, reclutate su un grande mercato che possiamo qualificare come neocoloniale». Soddisfatte le reazioni di chi attendeva una risposta ferma dal Consiglio d’Europa.

«Non è la prima volta che le istituzioni europee, i singoli Stati, organizzazioni ed esponenti della cultura e della politica prendono posizione contro l’utero in affitto. Speriamo però che sia l’ultima» commenta Gigi De Palo, presidente del Forum delle famiglie. «Siamo comunque soddisfatti – aggiunge – del ruolo esercitato dalle parlamentari italiane di tutti gli schieramenti supportate dall’azione tempestiva e continua della Federazione europea delle associazioni familiari e dal Forum italiano. La presenza delle famiglie, al cuore delle Istituzioni europee sta crescendo e diventando più qualificata e credibile». Sullo stesso tenore la Federazione europea delle associazioni familiari cattoliche (Fafce): per il presidente Antoine Renard «è stato respinto un testo molto ambiguo, vago su come proteggere realmente i diritti dei bambini e come combattere la maternità surrogata». Renard sottolinea che il voto è anche «il risultato di uno sforzo congiunto di molti membri dell’Assemblea e delle voci di varie organizzazioni» che hanno lavorato insieme per attirare l’opinione pubblica su un progetto che «avrebbe potuto essere approvato, silenziosamente, aprendo la strada a tutte le forme di maternità surrogata».

«Il Consiglio d’Europa con la decisione di ieri ha rigettato una falsa prospettiva: ovvero che esista una maternità surrogata altruistica e gratuita», commenta Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita e prorettore dell’Università europea di Roma. «L’idea di una gestazione portata a termine per altri in maniera del tutto disinteressata e senza alcun corrispettivo economico, è smentita dai dati reali di questa pratica, che nei fatti è uno sfruttamento di donne e un commercio di bambini». Per il giurista, «non si può pensare di rendere legale qualcosa che va contro i diritti inviolabili e la dignità della donna e dei bambini, che vengono prima di qualsiasi legge; se così fosse, ciò sarebbe profondamente contrario ai principi e ai fondamenti della democrazia che per essere tale deve porre al centro la protezione e la tutela dei soggetti più fragili e indifesi».

«Una risposta importante per evitare strumentalizzazioni e aperture su una questione che in Italia e in larga parte d’Europa è già fuori legge», dichiara Roberto Dante Cogliandro, presidente dell’Ainc Associazione italiana notai cattolici. «L’eccesso di richiesta normativa su queste tematiche rischia di creare confusione e di favorire escamotage spiega Cogliandro, ribadendo che il problema “può invece essere meglio risolto seguendo i criteri fondativi del nostro sistema giuridico e sociale in favore del soggetto principale di cui si discute, ovvero il bambino, che va tutelato nella maniera più forte e concreta possibile».