Suor Cristina, una vita tra i bambini della scuola materna. Quel giorno in cui salvò i suoi alunni durante la guerra

Suor Cristina, 99 anni e non sentirli: è la stessa di sempre, il suo viso non cambia col passare degli anni. Ha qualche ruga in più, sì, ma un aspetto sereno, vellutato, a noi ricorda un po’ madre Teresa. Il suo sorriso – si vede – viene dal cuore, dall’amore che ha dato e ancora darà, una carezza sempre pronta per chi la viene a trovare. Portamento fiero, quello di una donna che ne ha viste tante nella vita. Ma quello che più incanta sono i suoi occhi di un azzurro glaciale, che quasi ipnotizza.
Negli ultimi anni gli acciacchi dell’età l’hanno resa più fragile: «Ho perso la vista perché ho pianto troppo» racconta con un sospiro. Dopo 61 anni a Suisio, è stata trasferita e ora si trova all’Istituto scolastico Tito Legrenzi gestito dalla Congregazione delle Suore Sacramentine di Bergamo. Qui si trova con sedici suore; durante il giorno prepara la tavola per il pranzo dei bambini e stira i panni di tutte: «Le suore – dice sorridendo – si cambiano tutti i giorni, immagina te quanti panni devo stirare». Ma la maggior parte del tempo la trascorre pregando.

Suor Cristina Vitali è nata a Botta di Sedrina il 15 novembre 1917, e la vocazione è arrivata presto, già al momento di accostarsi alla prima comunione. L’ha poi detto in famiglia, la madre era contraria, perché diceva che le sarebbe costata troppo la separazione da sua figlia: «Puoi fare la suora anche qui». Ma troppa era la spinta, e così Cristina è partita: «Sono stata a Bergamo nella casa madre delle Sacramentine. Ho fatto richiesta, mi hanno accettato, mi hanno detto il giorno in cui dovevo entrare. Il 4 agosto 1938 sono entrata nella casa, avevo 20 anni. Andavo nelle case e poi all’asilo, ho fatto tanti corsi, sono sempre stata accanto ai bambini».

RICORDI DI GUERRA

Cristina è stata in molti posti in giro per l’Italia prima di tornare a Suisio. Gli anni della Seconda Guerra Mondiale li ha trascorsi in Veneto. Un giorno, nell’ industria vicino all’asilo hanno cominciato a bombardare: «Lì nel cielo a mezzogiorno girava un aeroplano, lasciava una scia di fumo. Con i bambini stavamo lì a guardare quanti bei disegni faceva. Ma chi pensava che fossimo in guerra? Perché non era ancora cominciata. Improvvisamente hanno cominciato a buttare le bombe su questo stabilimento e il muro era attaccato alla casa. Lì c’era una stufa con sopra una madonnina e per distrarre i bambini gli dicevo: “cosa fanno i cacciatori oggi? Hanno trovato tutti gli uccelli sulla nostra casa?”». Una suora eroica, suor Cristina, mentre le altre suore sono scappate e si sono messe in salvo lei ha aiutato i bambini a superare la paura con maestria, dipingendo loro la guerra alla maniera di Benigni ne «La vita è bella», e lo racconta dicendo: «Cadeva giù tutto, il lampadario, il crocefisso, io continuavo a raccontare storie strane per far passare la paura. Avevo capito che era un bombardamento». Con una scusa ha fatto uscire i bambini nei campi e facendoli stare acquattati è riuscita a metterli in salvo. «Nello scendere abbiamo incontrato persone che avevano ferite profonde, procurate dai colpi della contraerea. Mi dicevano di aiutarli ma io avevo i bambini con me, e dovevo rispondere di lasciarmi andare, perché dovevo salvarli». Ha fatto sdraiare i bambini nel fosso vuoto e insieme a loro ha aspettato: «Siamo rimasti lì mezz’ora, si sentivano gli aeroplani che andavano via. Se ci avessero visto ci avrebbero sparato. Sono arrivate le mamme tutte in lacrime. Qualcuno dei loro mariti era morto nella fabbrica e  non trovando i bambini  pensavano che fossero morti anche loro perché saliva il fumo dalla casa e dallo stabilimento, quando hanno visto i loro figlioli hanno continuato a ringraziarmi». Anni duri quelli della guerra, anni di stenti: «Ho passato un anno intero, giorno e notte sempre a scappare per prati e campi. Da mangiare non c’era più niente perché i tedeschi avevano portato via tutto. Mangiavo le foglie degli alberi!» e prosegue testimoniando: «Un giorno è passato un camion pieno di scarpe. Alla gente allora mancavano, camminavano scalzi.Per necessità di notte hanno scassinato questo camion e le hanno rubate. Il giorno dopo è arrivata la pattuglia dei soldati, se non le avessero restituite, loro avrebbero bruciato tutto il paese. Qualcuno le ha restituite, ma qualche giorno dopo li hanno messi in prigione. Io queste cose le ho viste con i miei occhi! Ah, l’ho fatta io la guerra! Ero 35 chili, non avevo più niente da mangiare!». Da Venezia a Bergamo, la guerra stava per concludersi e suor Cristina ha proseguito il cammino grazie alle persone che l’hanno aiutata e caricata anche sui camion. È stata aiutata da qualche inglese, ricorda.

I SESSANT’ANNI A SUISIO

Da Bergamo viene poi viene trasferita in un piccolo paesino che dà sull’Adda, Suisio, un’esperienza indimenticabile, tante generazioni di bambini l’hanno conosciuta e non l’hanno mai scordata. È entrata nel cuore della gente. Lei ricorda soprattutto il grande aiuto che ha dato ai bambini non autosufficienti, di uno di loro racconta: «Gridava tutto il giorno ya ya! Diceva solo quello, non sapeva parlare, bisognava imboccarlo e non sapeva andare al gabinetto, andava con i piedi dentro il vasino. Dopo vari tentati l’ho portato dentro con un altro bambino, dicendogli di stare attento e di imitare quel che faceva il compagno». Il bambino ha poi imparato e grazie al metodo Montessori usato dalla suora è riuscito a poco a poco anche a distinguere i colori grazie a delle palline. Un’altra bambina, entrata all’asilo fuori età, grazie alla pazienza e alle competenze di suor Cristina che ha fatto partecipare anche i compagni più piccoli, perché fossero d’aiuto e perché la bambina non fosse derisa, è riuscita ad imparare a camminare e a parlare. A proposito, dice: «Li affidavano tutti a me, mi piaceva stare loro vicino e aiutarli. Si fa presto a volere bene ai bambini e chi l’è, chi ei po’? – esclama in bergamasco-  è importante potergli dare gioia e speranza, altrimenti quando diventeranno grandi cosa faranno?». A ricordo della «sua» chiesa, la gente di Suisio le ha fatto trovare a sorpresa un grande dipinto che la raffigura, e le ha organizzato una grande festa quando si è trasferita. In paese ha lasciato una traccia: il suo esempio, la sua fede, sono stati come un seme deposto nel cuore dei bambini che ha accompagnato a crescere, e che non l’hanno dimenticata.