Donne, violenza e femminicidi. E la frase che più fa venire i brividi: «Non l’ho fatto apposta»

Ci sono donne…
E poi ci sono le Donne Donne…
E quelle non devi provare a capirle,
perché sarebbe una battaglia persa in partenza.
Le devi prendere e basta.
Devi prenderle e baciarle, e non devi dare loro il tempo il tempo di pensare.
Devi spazzare via con un abbraccio
che toglie il fiato, quelle paure che ti sapranno confidare una volta sola, una soltanto.
a bassa, bassissima voce. Perché si vergognano delle proprie debolezze e, dopo
averle raccontate si tormentano – in una agonia
lenta e silenziosa – al pensiero che, scoprendo il fianco, e mostrandosi umane e fragili e
bisognose per un piccolo fottutissimo attimo,
vedranno le tue spalle voltarsi ed i tuoi passi
allontanarsi.
Perciò prendile e amale. Amale vestite, che a
spogliarsi son brave tutte.
Amale indifese e senza trucco, perché non sai
quanto gli occhi di una donna possono trovare
scudo dietro un velo di mascara.
Amale addormentate, un po’ ammaccate quando il sonno le stropiccia.
Amale sapendo che non ne hanno bisogno: sanno bastare a se stesse.
Ma appunto per questo, sapranno amare te come nessuna prima di loro

Alda Merini

 

Apro questo pezzo nel modo in cui l’incontro di venerdì sera si è concluso.

Il Comune di Cologno al Serio ha voluto infatti celebrare la giornata del 25 novembre organizzando nella Sala del Consiglio Comunale un incontro di sensibilizzazione per approfondire il tema della violenza contro le donne, dal punto di vista legale ma non solo, con l’intervento dell’avvocato Patrizia D’Arcangelo (volontaria Unicef). L’incontro è stato poi inframezzato dalle letture teatrali a cura de “I Baloons”, con Stefano Maestrelli, Lucia Secomandi e Monica Vecchiotti.

Inizio con una confessione: non ho mai visto di buon occhio le giornate celebrative, di qualsiasi tematica si trattasse. O meglio (mi rendo conto che, letta così, possa essere fraintesa): non mi è mai piaciuto il modo in cui queste celebrazioni venivano messe in atto dalla maggioranza delle persone. Post o foto sui social, qualche parolina buona detta al momento giusto, e il giorno dopo tutto dimenticato, e si sentono frasi rivolte alle donne come «Quella si sa come ha guadagnato la promozione al lavoro› oppure «se l’è cercata, lo sapeva prima di fare quelle cose». E le parole piene di buone intenzioni della sera precedente? Chissà, forse le avrà dette qualcun altro. Un copia e incolla eseguito meccanicamente.Ecco perché per me venerdì non era un giorno così diverso dagli altri. Però quella sera avevo deciso di passarla in maniera inusuale, coinvolgendo anche un’amica. Avevo letto di questo incontro, e non nego che mi avesse attirato parecchio. Così, nonostante la giornata pesante, entrambe siamo andate a sentire.

Da subito, una frase mi ha fatto venire i brividi: «Non l’ho fatto apposta». Me la sono ripetuta più volte durante la serata: «Non l’ho fatto apposta».  Perché se è successo, è colpa mia. Perché io l’ho provocato. Lui lo ha fatto perché era una conseguenza della mia azione. Perché se sono stata gettata in un pozzo, se sono stata sepolta sotto quel terreno, se sono stata strangolata con il cavo della corrente, se nostro figlio non è potuto nascere a causa dei pugni presi in grembo…è colpa mia. Ma la verità sta in un’altra frase che ho sentito in una lettura a cura de «I Baloons» : «Un compagno violento non ti accompagna nella vita, al massimo ti accompagna all’ospedale».

Secondo i dati Istat del 2014, il 31,5% delle donne tra i sedici e i settant’anni (e la maggioranza delle donne intervistate erano italiane, a scanso di equivoci) ha ammesso di aver subito violenza fisica nella vita, e nel 21% dei casi si trattava di violenza sessuale. Se nel 2014 sono 177 le donne le donne morte a causa dell’uomo che credevano le amasse, nel 2015 le cose “sembrano andare meglio”: 128 femmicidi. Un terzo delle vittime degli omicidi di quell’anno (411). E ancora: 6445 atti persecutori denunciati, 3086 violenze sessuali, 6154 denunce di percosse. Solo numeri, penserete. Ma è necessario avere bene in mente la situazione. Ciò che non va dimenticato è che almeno (ripeto, almeno) il 50% dei casi non viene denunciato.

Ma perché le donne non denunciano? I motivi sono molteplici: credono ancora lui possa tornare ad essere l’uomo di cui si sono innamorati (la cosiddetta fase “luna di miele” che si presenta ciclicamente), ci sono i figli, temono rappresagli o un’escalation di violenze, per un contesto culturale dominato dal detto “i panni sporchi si lavano in famiglia”. E ancora: la mancanza di una rete amicale, familiare o istituzionale di sostegno, l’assenza di un luogo in cui andare o di risorse finanziarie.

Dopo un excursus su alcuni vecchi articoli del codice Rocco (artt 559, 544 e 587) e il ricordo di Franca Viola (per chi non la conoscesse, vi invito a leggere la sua storia), ai presenti è stata mostrata la situazione legislativa attuale, forte dell’art 612bis (stalking) e delle legge 119/2013.

Alla fine del suo intervento, l’avvocato D’Arcangelo ci ha esortato a portare le parole ascoltate anche all’esterno. Spero di esserci riuscita. E forse è bene non aver scritto questo articolo il 25 novembre, perché anche se ora è passata l’ondata dei post sui social, questo è un tema che non si può dimenticare.

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