Natale. Attualizziamo il presepio

Una delle mie iniziative pastorali preferite nel tempo natalizio, da parroco. è sempre stata quella di invitare bambini e adulti a mettersi davanti al Presepio per “studiare” uno per uno i vari personaggi per poi identificarsi con quelli positivi e prendere le distanze da quelli negativi. So bene che non era il massimo dell’originalità, ma qualche effetto ne sortiva e arrivava perfino in confessionale.

Pertanto, prima della fine del tempo natalizio, oso rilanciare la proposta.

Davanti ai personaggi positivi

Al centro, ovviamente, deve stare il Bambino con il suo sconcertante (felicemente sconcertante!) “annientamento” per essere Dio-con-noi. In questo piccolo e fragile esserino è apparsa la grazia di Dio, per essere speranza per tutti, nessuno escluso. Davanti a lui non dovremmo mai stancarci di adorare in silenzio e di lodare e ringraziare a viva voce, con inni e cantici spirituali, come Tu scendi dalle stelle, Astro del ciel, Venite fedeli… bellissimi e facili da cantare anche in famiglia.
Poi guardiamo Maria e Giuseppe, così diversi nel ruolo e nell’atteggiamento con cui sono entrati e stanno nella vicenda: Maria inginocchiata, come seduta, curva in avanti, come colei che contempla e rimedita tutto nel cuore; S. Giuseppe, in piedi, un po’ in disparte, silenzioso, forse il meno guardato del Presepio, ma in posizione di provvidenziale custode e protettore dello svolgersi del mistero.
E poi i pastori, gente povera, incolta, emarginata civilmente e religiosamente, eppure i primi chiamati all’incontro con il Signore dell’universo. Dei pastori io sottolineo volentieri non solo il loro venire alla stalla portando doni, ma il loro mettersi in cammino dicendo: “Andiamo a vedere”. Quanto sarebbe bello se tutti a Natale vincessimo la pigrizia, l’indifferenza e (ma) anche la creduloneria, e ci mettessimo in un volenteroso cammino di ricerca religiosa per “vedere l’avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc 2,15). Un ragionamento analogo vale per i Magi. A differenza dei pastori essi sono dei colti, degli studiosi, ma lo sono con umiltà, con la convinzione che c’è sempre qualcosa di nuovo da cercare, da scoprire e da cui essere sorpresi. Ma, riconosciamolo, è un’umiltà che oggi manca molto.
Anche gli angeli vanno guardati e imitati. Anche chi guarda il Presepio e ne coglie la portata può poi diventare un angelo, cioè un messaggero, un portatore della bella notizia che Dio è con noi e un promotore della glorificazione di Dio nei cieli e della pace tra tutti i suoi figli.

Guardiamoci da quelli negativi

Poi, purtroppo, c’è anche la componente negativa. Per il timore di perdere l’atmosfera mielosa che da tempo guasta il Natale, a questo non si vuol pensare, ma, per non essere campati per aria. occorre prendere coscienza quanto meno del pericolo che Erode possa incrudelire anche oggi con il suo egoismo e la sua tirannia. E questo non avviene solo agli altissimi livelli del potere politico ed economico, ma anche a livello di famiglie dove la prepotenza spesso fa scempio di esistenze innocenti.
C’è anche l’oste di Betlemme chiuso ad accogliere quella famiglia di viandanti sperduti. Il suo peccato, se si vuole, è meno grave di quello di Erode, ma il risultato è simile. Il rifiuto dell’oste ad accoglierli costringe quei poveretti a rifugiarsi per il parto in una stalla fuori mano; la persecuzione di Erode che cerca addirittura di eliminarlo. lo costringe alla fuga in Egitto. È facile da vedere quanto son frequenti anche oggi atteggiamenti di questo genere verso chi ci disturba venendo tra noi.
Un’ultima riflessione davanti al Presepio riguarda il silenzio sonnolento della gente di Gerusalemme e la pigrizia dei sacerdoti del tempio che sanno tutto sulle profezie riguardanti la nascita del Messia, ne danno conto ad Erode che li interroga, ma loro non si muovono. Non a caso Papa Francesco non si stanca di denunciare l’indifferenza come uno dei maggiori mali del nostro tempo.

Risultato della contemplazione

La conclusione che si dovrebbe tirare dopo aver meditato davanti al Presepio è doppia: quella dei pastori che se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro (Lc 2,20) e quella dei Magi che “non tornarono più da Erode, ma per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (Mt 2,12).