“I giovani di oggi hanno paura di credere a qualcosa che non vedono”

È vero che i giovani non credono? O è una generazione che si trova fuori di casa, perché della casa-comunità cristiana non ha sperimentato il calore delle relazioni, la responsabilità di un coinvolgimento vero, l’attenzione di un ascolto interessato?
Sono queste le domande che campeggiano sulla locandina che invita all’incontro sul tema:” I giovani e la fede credenze e atteggiamento dei giovani nei confronti della religione” che si terrà il 15 febbraio 2017 alle ore 20,45 nel quartiere Redona, Sala della Comunità (Qoelet) via Leone XIII, 22. L’incontro è aperto ai giovani, agli educatori, ai genitori, ai catechisti, e a tutti coloro che vogliono confrontarsi sul tema dell’educare alla fede.

Si parlerà anche del Sinodo sui giovani che si terrà nell’ottobre 2018, e sarà una preziosa occasione «per aprire gli occhi su un mondo che non può essere solo osservato dall’alto» (come ha affermato don Michele Falabretti). Precisamente il tema è «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale». Spiega la nota vaticana: «Esso intende accompagnare i giovani nel loro cammino esistenziale verso la maturità affinché, attraverso un processo di discernimento, possano scoprire il loro progetto di vita e realizzarlo con gioia, aprendosi all’incontro con Dio e con gli uomini e partecipando attivamente all’edificazione della Chiesa e della società».

Ed è proprio su questo annoso (e a volte scomodo) tema, che ho fatto qualche domanda a Zaira, Marina e Federico, tre ragazzi del gruppo Giovani di Cologno al Serio, molto diversi nelle risposte.
Com’è il tuo rapporto con la fede?
Zaira:«In questi ultimi anni il mio rapporto con la fede e con Dio è migliorato: riesco più di prima ad avvicinarmi alle questioni spirituali con serenità, senza continuare a cercare risposte che non troverei comunque usando solo la testa…»
Martina: «Ehm, prossima domanda?»
Federico: « Il mio rapporto con la fede lo definirei come un confronto aperto che mi mette in discussione ogni giorno, determina le mie scelte e mi permette di vedere il mondo con occhi diversi e senza pregiudizi».
Hai mai avuto dubbi, crisi?
Z:« Rispetto agli anni dell’adolescenza e prima giovinezza ho meno dubbi, non perché abbia trovato risposte, ma perché mi fido di ciò che mi ha insegnato la mia famiglia e la chiesa e la mia comunità. Credo che la base ci sia e sia anche sufficientemente solida. La svolta credo sia stata che in fin dei conti io volevo crederci. Perciò non mi sono mai staccata, ho sempre cercato risposte, frequentato gli ambienti della chiesa, non mi tiro indietro quando mi vengono proposte alcune iniziative oratoriali o di crescita spirituale (a volte anche spinta dagli altri ). I dubbi sono fondamentali: dubiti di una cosa quando sai che è importante e che condizionerà il resto della tua vita, e quando decidi che non ha più senso dubitarne è perché hai accettato sia lei che le sue conseguenze. Essere cristiani cattolici è impegnativo e se fatto seriamente molto faticoso (mettete gli altri al primo posto, dedicare del tempo al prossimo, non essere più egoisti ed egocentrici…) ma ti rende anche una persona migliore e ti rende felice. »
M:« No, nulla che mi abbia fatto dubitare davvero»
F:« Ho avuto molto dubbi con la fede. Però, l’ aiuto di persone che hanno maggiore esperienza in questo “campo”, come padri spirituali e missionari (anche laici) mi ha aiutato e fatto superare questi momenti difficili, facendomi crescere sia come uomo che nello spirito.»
Spesso si dice che i giovani non sanno credere. Tu cosa ne pensi?
Z:« Il problema dei giovani oggi è che cercano la felicità in cose diverse da Dio: libertà, zero responsabilità, fare ciò che si vuole, volere tutto per sé…e anch’io a volte lo voglio, poi però ragionando capisco che non è questa la vera felicità, è solo piacere e neanche molto duraturo…ma ognuno ha i suoi tempi per capirlo. La maggior parte forse non lo capirà, ma assumerà cmq uno stile di vita che forse non sarà palesemente credente ma che ha come fondamento una morale sociale e un’etica che alla fin fine permetterà lo sviluppo della vita, propria e del prossimo..»
M:« Penso che si sia perso il concetto di fede. I genitori non hanno più le credenze che avevano i nostri nonni o bisnonni. Non considerano la fede fondamentale per la crescita di un bambino, lo pongono in secondo piano, io per prima..»
F:« Non penso che i giovani non credano più e la GMG a cui ho partecipato quest’estate ne è la prova. Credo piuttosto che i giovani di oggi abbiano paura a credere in qualcosa che non vedono perché viviamo in una società consumista che ti chiede tutto e subito. Perciò alcuni valori come la fede rischiano di sparire. Nonostante tutto, i giovani di oggi sono come delle candele spente: basterebbe una fiammella per riaccendere tutte.»

Il tema rimanda al discorso che il Papa pronunciò durante la Veglia con i giovani della Giornata mondiale della Gioventà di Cracovia. Ne ripropongo un frammento, forse quello che più di altri ha inciso in me e molti dei miei compagni di avventura della scorsa estate:
«Ma nella vita c’è un’altra paralisi ancora più pericolosa e spesso difficile da identificare, e che ci costa molto riconoscere. Mi piace chiamarla la paralisi che nasce quando si confonde la FELICITÀ con un DIVANO! Sì, credere che per essere felici abbiamo bisogno di un buon divano. Un divano che ci aiuti a stare comodi, tranquilli, ben sicuri. Un divano, come quelli che ci sono adesso, moderni, con massaggi per dormire inclusi, che ci garantiscano ore di tranquillità per trasferirci nel mondo dei videogiochi e passare ore di fronte al computer. Un divano contro ogni tipo di dolore e timore. Un divano che ci faccia stare chiusi in casa senza affaticarci né preoccuparci. La “divano-felicità” è probabilmente la paralisi silenziosa che ci può rovinare di più, che può rovinare di più la gioventù. “E perché succede questo, Padre?”. Perché a poco a poco, senza rendercene conto, ci troviamo addormentati, ci troviamo imbambolati e intontiti. L’altro ieri, parlavo dei giovani che vanno in pensione a 20 anni; oggi parlo dei giovani addormentati, imbambolati, intontiti, mentre altri – forse i più vivi, ma non i più buoni – decidono il futuro per noi. Sicuramente, per molti è più facile e vantaggioso avere dei giovani imbambolati e intontiti che confondono la felicità con un divano; per molti questo risulta più conveniente che avere giovani svegli, desiderosi di rispondere, di rispondere al sogno di Dio e a tutte le aspirazioni del cuore. Voi, vi domando, domando a voi: volete essere giovani addormentati, imbambolati, intontiti? [No!] Volete che altri decidano il futuro per voi? [No!] Volete essere liberi? [Sì!] Volete essere svegli? [Sì!] Volete lottare per il vostro futuro? [Sì!] Non siete troppo convinti… Volete lottare per il vostro futuro? [Sì!]»
Così com’è stato con i due Sinodi sulla famiglia, un tema così grande come quello dei giovani merita di essere preso molto sul serio. Da tutti.