Quando i bergamaschi affrontavano da clandestini la frontiera tra Messico e Stati Uniti. Muri di ieri e di oggi

«Ben 35 italiani sono stati uccisi nel tentativo di passare clandestinamente la frontiera con gli Stati Uniti». La denuncia, lapidaria, è in un documento trovato nel Fondo Agostino Vismara dell’Isrec di Bergamo. A scriverla il 6 giugno 1924 è il Delegato provinciale ed è indirizzata alla Regia Questura di Bergamo e al Commissariato Generale per l’Emigrazione.

Clandestini assassinati nel tentativo di varcare la frontiera, smugglers che truffano i poveri migranti con promesse fasulle, famiglie disgregate, preti che assistono le persone, denunce alla polizia. In questo documento emergono i tragitti percorsi da tre comitive di emigranti della Valcavallina verso l’America e la loro lampante disillusione una volta arrivati a destinazione, con tanto di denuncia dei nomi dei trafficanti che avevano organizzato la spedizione. Con un passaggio terribile sulla morte di 35 connazionali.

Non si sa chi siano gli italiani uccisi al confine, però è noto che una spedizione di 17 bergamaschi, tutti residenti nella media Valcavallina, partirono il 19 febbraio 1924 con regolari passaporti per la Francia, ma poi si imbarcarono dal porto di Saint Nasaire per Tampico, in Messico, a 500 km circa dal Texas. Nella missiva alla Regia Questura si legge che “il Trapletti Ottorino di Grone, attualmente ritornato in Francia e fermo a Parigi, perché di famiglia danarosa […], quando partì lasciò a Tampico quattordici dei 17 compagni di sventura. Vi sarebbero due persone, quindi, delle quali si è perduta traccia”.  Un altro emigrante invece “Il Mocchi Angelo di Fermo nella sua lettera denuncia apertamente gli organizzatori: Rimoldi da Treviglio, Rizzo da Genova e un’altra persona. Questa lettera dovrebbe rintracciarsi facilmente presso la famiglia. è stata letta dal parroco di Borgo di Terzo che si ricorda con precisione i particolari”. Nel documento si narra di un’altra comitiva di bergamaschi giunti a L’Avana e di una che ha dato notizie da un porto spagnolo. Una quarta, invece, fu sospesa “in seguito alle notizie giunte da Tampico”. Infine la missiva si conclude con le indicazioni per le indagini, ovvero chi scrive segnala dove recuperare le lettere degli emigranti come prova del raggiro dei trafficanti e le persone da interrogare come testimoni.

Non erano pochi i bergamaschi che tentavano la fortuna all’estero anche da clandestini. Nel primo dopoguerra, infatti, le statistiche ufficiali parlano di 14 mila emigranti regolari, ma la documentazione dell’Opera Bonomelli, impegnata nel sostegno a coloro che lasciavano la Bergamasca, ne conta all’incirca 25 mila. La ricerca di una vita migliore per sfuggire alla povertà non poteva fermarsi per la mancanza di un documento. Tutto questo e molto altro è raccontato nel libro “Per allargare gli orizzonti. La Chiesa di Bergamo in emigrazione”, promosso dall’Ufficio per la Pastorale dei Migranti della diocesi e edito da Tau nella rivista “Rapporto Italiani nel Mondo”. Conoscere la storia degli emigranti bergamaschi di ieri e di oggi aiuta a comprendere l’immigrazione in Bergamasca. Fenomeni diversi, ma con caratteristiche simili. Nessun muro o documento fermerà la necessità di spostarsi delle persone.

La copertina del libro:

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(Nella foto ©Sir di apertura del post un bambino al confine tra Messico e Stati Uniti)