Verso una Weimar all’italiana. La crisi politica attuale e l’inquietante lezione della storia

Le grandi firme parlano di “crisi di sistema”

Weimar è alle porte? Stiamo precipitando verso una “crisi di sistema” politico-istituzionale? Così, più o meno, si interrogano pensose le grandi firme dei grandi giornali, da Mieli a De Bortoli, da Folli a Sorgi, da Mauro a Franco… “Crisi di sistema” significa che non esiste più un punto decidente da qualche parte, così che ci si avvia verso un’anarchia dei poteri, che più nessuno è in grado di governare. Si manifesta come la rottura dell’equilibrio liberale tra i poteri esecutivo, legislativo, giudiziario. Il Parlamento, per di più articolato in due Camere, con lo stesso potere di sfiducia – ma ciascuna con una platea elettorale diversa, a causa di leggi elettorali diverse – non dispone di maggioranze stabili. I Regolamenti parlamentari consentono facilmente la costituzione di sempre nuovi gruppi parlamentari, che pure non si sono presentati al giudizio degli elettori. Ben 325 deputati hanno cambiato casacca nel corso della legislatura. Alla vigilia delle elezioni del 1992 le sigle partitiche erano 16. Al 30 novembre del 2016, secondo i dati offerti dalla “Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici” le sigle di partiti/movimenti sono 85! Recenti scissioni/fusioni non hanno certo semplificato il quadro. L’incapacità dei partiti di far funzionare il governo del Paese sta travolgendo la credibilità delle istituzioni democratiche, mentre la debolezza istituzionale dei governi sta bruciando quasi tutti i partiti. D’altronde, il Governo è parlamentare e perciò dipende dall’instabilità delle due Camere. La politica è diventata il regno delle ombre. Intanto, e già a partire dagli anni ’90, la magistratura si è costituita come potere autonomo e contrapposto alla politica.

Dalla grande riforma di Craxi alla crisi attuale

Il lungo ritorno a Weimar ha subito una brusca accelerazione il 4 dicembre 2016, giorno della sconfitta del referendum costituzionale, ma è iniziato negli anni ’80. E fu Craxi il primo a tentare di uscire dalla palude dell’impotenza politica e dell’ingovernabilità, con la sua proposta di Grande riforma. Che fu abbattuta dall’accusa, che poi diventerà ricorrente, di autoritarismo e piduismo. Ci riproveranno D’Alema e Berlusconi nel 1997 con la Bicamerale. Urtarono contro lo zoccolo conservatore del Paese, fatto di intellettuali, giornalisti, costituzionalisti, magistrati e “chierici” vari.  Nel 2006 Berlusconi chiamò a referendum attorno ad un progetto di premierato forte. Fu abbattuto dallo stesso schieramento e con gli stessi argomenti, che oggi sono stati opposti a Renzi: autoritario e pasticciato. De Bortoli, Direttore in uscita del Corriere della Sera, in un famoso editoriale del 25 settembre 2014, accusò Renzi di legami con la massoneria.

Il diluvio sta arrivando

Ora i succitati Soloni dell’opinionismo nostrano, che hanno appoggiato la campagna del NO alle riforme, essendosi autoincaricati di salvare la patria dal tiranno, si avvedono, con ritardo ormai irrimediabile, che il sistema non tiene più e che ci stiamo avviando verso un periodo di instabilità, mentre il crudele mondo “là fuori” – come si dice nei film americani – non starà certo ad aspettarci. Eppure, era stato ampiamente e per tempo prospettato il dilemma: o le riforme o il caos. Ma fu respinto con sdegno dai cattivi maestri delle opinabili opinioni: Renzi fu accusato di catastrofismo strumentale. No, le riforme, si sarebbero fatte, dopo, in sei mesi, non ci sarebbe stato il diluvio! E invece sì! Sta arrivando e investirà la Repubblica.

La lezione della storia. Weimar e Hitler

Negli anni ’20 arrivò qualcuno a Weimar – dove nel ’19 era stata varata la nuova costituzione tedesca – a gridare nei comizi che lui stava dalla parte dei lavoratori, che era socialista e nazionalista, che avrebbe difeso l’identità del popolo contro i globalisti della finanza – gli ebrei – che avrebbe spazzato via la casta dei partiti, che avrebbe portato al potere una nuova classe dirigente di uomini nuovi. Il suo Movimento-Partito si chiamava NSDAP: Nationalsozialistiche Deutsche Arbeiter Partei. Non erano nazisti, erano un partito dei lavoratori. Giornalisti ambiziosi e subito embedded, intellettuali delusi, filosofi di prima grandezza come Heidegger, militanti della SPD e del KPD si arruolarono a frotte.

Hanno iniziato a lisciare il pelo al M5S

I chierici avevano tradito, aveva scritto Julien Benda nel 1927, e oggi continuano solonicamente a farlo. Hanno già incominciato a lisciare il pelo al M5S, tacendo del Führer-prinzip che pratica ogni giorno e della sua virulenta opposizione alla democrazia liberale e rappresentativa. Un competitor del PD, Emiliano, già propone al PD un governo con il M5S, cioè al suo servizio ancillare. L’idea implicita è quella di un regime-scopa brutale, ma breve, che tolga di torno la casta, già teorizzato all’epoca dell’ascesa di Mussolini da eminenti liberali, tra cui Croce. Nella Weimar all’italiana, che si avvicina, forse non si verserà sangue, forse non ci saranno lager, basteranno le gabbie della gogna mediatico-giudiziaria, ma già nelle vene della società civile italiana oggi scorrono violenza verbale, odio e fango. Una parte della sinistra ha incominciato a combattere il liberismo economico e sta finendo contro il liberalismo politico; ha incominciato con l’internazionalismo e sta approdando al nazionalismo e al protezionismo. L’impotenza dei governi italiani fino al 1989 era “protetta” dal quadro internazionale. Ora non più.

O governo forte o uomo forte

Così che il dilemma reale che sta di fronte a noi è elementare: o un governo “forte” e stabile, tale perché democraticamente eletto e vincolato – si chiama presidenzialismo democratico alla francese – o “un uomo forte” portato al potere da movimenti violenti di piazza e da un sistema mediatico e giudiziario vile e corrivo – si chiama presidenzialismo plebiscitario e populista. Secondo la provincialissima e conservatrice Corte costituzionale italiana, il ballottaggio al secondo turno sarebbe stato anticostituzionale. Eppure, basta alzare lo sguardo appena Oltralpe. I tre candidati francesi alle presidenziali sono tutti e tre, nei sondaggi, sotto il 30%. Al secondo turno uno di loro diventerà presidente democratico della Repubblica. Il voto del secondo turno è meno democratico e vale meno di quello del primo? Mentre le nubi di Weimar si accumulano scure all’orizzonte, resta da chiedersi se il Presidente della Repubblica non dovrebbe intervenire con maggiore forza per ristabilire e preservare l’equilibrio dei poteri. In primo luogo, in quanto Presidente del Consiglio superiore della magistratura, per spezzare l’intreccio perverso che lega inquirenti e mass-media e per espellere dalla magistratura i magistrati che stanno da anni in politica o si accingono ad entrarvi, continuando a usare le armi improprie e micidiali della magistratura. Il manzoniano “sopire e troncare, troncare e sopire” non pare essere il metodo più efficace, mentre si avvicina la tempesta perfetta dell’instabilità permanente. Ha funzionato negli anni della Prima repubblica. Oggi è suicida.