Quattro anni con Papa Francesco: «La sua Chiesa accoglie tutti, il suo stile semplice conquista anche i non credenti»

«Fratelli e sorelle, buonasera!». Fin dalla sera dell’elezione, il 13 marzo 2013, Jorge Mario Bergoglio, il Pontefice «preso quasi alla fine del mondo» con un linguaggio semplice e parole dirette, uno stile nuovo e semplice, ha conquistato anche i non credenti. Elisabetta Piqué, vaticanista argentina, corrispondente dal 1999 per l’Italia e il Vaticano del quotidiano “La Nación”, che conosce il Papa da oltre un decennio, traccia un bilancio di questi quattro anni di pontificato che hanno rivoluzionato la storia della Chiesa e non solo.

«Un bilancio straordinario, questo è un pontefice che sa parlare a tutti, soprattutto a quelli che si erano allontanati dalla Chiesa e ai non credenti. Ho conosciuto un prete brasiliano che mi ha raccontato di un suo amico brasiliano di religione ebraica che ha il Papa su Instagram, perché afferma “mi piace quello che dice”. In un momento difficile come questo che stiamo vivendo, in “questa terza guerra mondiale a pezzi”, come ha ben sintetizzato lo stesso Pontefice, il messaggio di Bergoglio arriva a tutti. La grande riforma di Bergoglio è stata quella di rimettere al centro il Vangelo, mettendo in atto ciò che è uscito dal Concilio Vaticano II, cioè più collegialità e più potere ai vescovi per avere una Chiesa più rappresentata in tutto il Pianeta» dichiara Elisabetta Piqué, laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Università Cattolica Argentina, corrispondente di guerra dal Medio Oriente.

«Leader mondiale in un mondo in cui manca un leader di statura, Bergoglio spiazza tutti con il suo stile di vita semplice e austero» prosegue Elisabetta Piqué, l’unica giornalista ad anticipare l’elezione a Papa di Jorge Bergoglio, che conosce e segue da quando è stato creato cardinale nel 2001. «Ho conosciuto Bergoglio a Roma nel febbraio del 2001 quando Giovanni Paolo II durante il Concistoro creò cardinale il futuro pontefice. In quell’occasione il mio giornale mi incaricò di intervistare l’arcivescovo di Buenos Aires che normalmente non concedeva interviste, ma per quella volta Bergoglio avrebbe fatto un’eccezione. Allora ero una corrispondente “itinerante”, mi trovavo a Roma, ma ero già stata in Kosovo e provenivo dal Medio Oriente, quindi non sapevo niente di Bergoglio, tranne che era gesuita. Mi recai nella Casa del Clero in via della Scrofa, in quell’“albergo per preti”, dove di regola Bergoglio abitava quando veniva a Roma diventato famoso, perché il giorno dopo la sua elezione, il nuovo pontefice andò a saldare il conto. Arrivai in questo salotto della Casa del Clero, dove mi trovai di fronte un prete normale, timido, quasi spaventato dalla presenza di un rappresentante della carta stampata. Per “rompere il ghiaccio” raccontai all’arcivescovo di Buenos Aires che non mi occupavo di temi ecclesiastici e che ero appena tornata da Gerusalemme. L’uomo che pochi giorni dopo avrebbe ricevuto la berretta di cardinale era una persona semplice, alla mano, che rispondeva in modo diretto e potente alle mie domande, senza tergiversare o semmai cambiare risposta. Ogni risposta di Bergoglio era adatta per titolare il pezzo giornalistico, del resto lo vediamo anche adesso che è a capo della Cristianità, la capacità straordinaria di Papa Francesco di dire la sua con frasi dirette. Ma la cosa che mi sorprese più di tutte fu che alcuni giorni dopo la pubblicazione dell’intervista, il Cardinale Bergoglio mi chiamò per ringraziarmi. “Pronto Elisabetta, sono Padre Bergoglio, volevo dirle grazie”. Confesso che una cosa del genere non mi era mai accaduta prima. Nel corso degli anni quando Padre Bergoglio veniva a Roma, andavo a trovarlo. Così è nato questo rapporto di stima e di amicizia reciproca con il futuro Pontefice. Posso testimoniare che l’uomo che conobbi nel febbraio del 2001 è lo stesso che da quattro anni siede sul Soglio di Pietro. La personalità di Bergoglio non è per niente cambiata, la sua semplicità e la sua umiltà fanno sempre parte del suo carattere» puntualizza l’argentina Piqué di origini italiane, nata a Firenze.

«Attento, ora tocca a te». Nel volume “Francesco – vita e rivoluzione” (Lindau 2013), Piqué ricostruisce l’ultimo Conclave che ha eletto Papa Francesco. Domandiamo alla giornalista di ricapitolare i fatti salienti. «Innanzi tutto c’è da dire che nel Conclave del 2005, Bergoglio era stato il secondo cardinale più votato all’interno della Cappella Sistina e quindi era conosciuto. Nel 2007 durante la riunione dei vescovi latinoamericani ad Aparecida, Bergoglio aveva avuto un ruolo molto importante nella redazione del documento finale, il quale a sua volta è alla base della “Evangelii Gaudium”, documento programmatico del pontificato del Papa argentino. Dunque Bergoglio era conosciuto e stimato da molti cardinali. Se nel Conclave del 2005 il candidato forte era stato Ratzinger, per anni braccio destro di Giovanni Paolo II, in quello del 2013 non c’era un candidato che convincesse veramente. I primi di marzo del 2013 il cardinale Bergoglio nel corso delle Congregazioni Generali, tenne un discorso in cui espresse la sua personale visione sulla Chiesa nel tempo presente, cioè la sua idea di “Chiesa in uscita”. Questo discorso folgorò letteralmente molti cardinali. Bergoglio entrò nel Conclave con un pacchetto di voti importante quasi quanto quello del cardinale Angelo Scola, infatti, alcuni cardinali europei, anche italiani, oltre a quelli latinoamericani e a quelli asiatici puntavano sull’arcivescovo di Buenos Aires. Bergoglio non era considerato papabile, perché era anziano, aveva 76 anni e i cardinali cercavano un papa certamente più giovane». Il giorno dopo l’elezione, alle ore 9.55 del mattino, Elisabetta ricevette la telefonata del nuovo Papa sul cellulare, anzi, «qualche giorno dopo Papa Francesco mi chiamò nuovamente per farmi gli auguri di buon compleanno. Bergoglio non è quel tipo di persona che se diventa papa si scorda gli amici… il Santo Padre è straordinario anche per questo!» dichiara sorridendo al ricordo Piqué.

Una cosa è certa: «Questo Papa ha iniziato un processo importante, di cambio, di pulizia e di riforma all’interno delle Mura Leonine, voluto anche dagli stessi cardinali che lo hanno eletto. Ricordiamo che nel 2013 la Chiesa stava attraversando un periodo di grande difficoltà, presa d’assalto da una serie di scandali che ne minacciavano quasi le fondamenta. Quello di Bergoglio è un processo di riforma che riguarda anche la mentalità all’interno della Chiesa. Quindi ecco l’idea di una Chiesa aperta, vista come un ospedale da campo per i feriti di oggi. È in atto una grande trasformazione e un continuo dibattito anche perché la società sta cambiando. Pensiamo all’interesse di Papa Francesco nei confronti della famiglia, che non è più quella di 25 anni fa, ecco perché il Santo Padre ha indetto due Sinodi in tal senso. Non più una Chiesa del “no”, che condanna, ma una Chiesa che accompagna e che accoglie tutti, soprattutto gli ultimi. Non è un caso che Bergoglio abbia scelto di chiamarsi Francesco. Il Santo Padre è una persona coerente, di grande libertà e di grande spiritualità. In Argentina come arcivescovo aveva sempre avuto questa attenzione nei confronti dei poveri. Molte delle cose che hanno sorpreso il mondo erano normali in Argentina: per esempio Bergoglio non viveva nel Palazzo arcivescovile e non usava una macchina con l’autista. Bisogna vedere come tutte queste trasformazioni e questi cambiamenti saranno accolti nel corso del tempo».

Recentemente sui muri di diverse zone di Roma sono apparse affissioni abusive in cui apertamente qualcuno ha contestato in modo anonimo l’operato di Papa Francesco. «Questo è un Papa amato dalla gente, ha la gente dalla sua parte e ciò rappresenta per Bergoglio una forza enorme. Lo possiamo notare anche durante le udienze generali. Anche in Argentina Bergoglio ha dovuto affrontare moltissime resistenze, è abituato. Sappiamo che sulla storia dei poster Papa Francesco ci ha riso, divertito dalla frase in dialetto romanesco. Di certo non si preoccupa, ma la resistenza al Papa è debole, la vediamo in alcuni blog ultra conservatori». Il Papa ha registrato un videomessaggio in lingua spagnola per il Super Bowl, la finale del campionato Usa di football che si è svolto a Houston, in Texas. «Possa il Super Bowl di quest’anno, essere un segno di pace, amicizia e solidarietà per il mondo».

Domandiamo infine a Elisabetta Piqué se il Super Bowl è stato un pretesto, un’occasione per esprimere l’angoscia di un Pontefice che vuole contribuire ad abbattere ogni muro.  «Qui il Santo Padre ha ricordato l’importanza di costruire ponti e di abbattere muri. Pensiamo alla situazione in Europa, dove gli immigrati invece di essere accolti vengono respinti. Questa è stata un’altra dimostrazione di come questo Papa sa che il potere è servizio. Bergoglio ha questo potere, è ascoltato da tutti i leader del Pianeta e quindi cerca di dare il proprio contributo affinché cambino le cose. Jorge Mario Bergoglio è una persona concreta, un Papa che agisce, non solo con le parole ma soprattutto con i fatti. Quattro anni di pontificato sono lì a dimostrarlo» conclude la vaticanista.