Papa Francesco: «Non trasformiamo l’amore in telenovela. No all’ipocrisia e agli amori interessati»

“L’ipocrisia può insinuarsi ovunque, anche nel nostro modo di amare”. A lanciare il grido d’allarme è stato il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi ha esortato i 12mila fedeli presenti, a braccio, a far sì che “il nostro amore non sia una telenovela”, ma un amore “sincero, forte”. “Sappiamo bene che il grande comandamento che ci ha lasciato il Signore Gesù è quello di amare: amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente e amare il prossimo come noi stessi”, ha esordito Francesco, ricordando che “siamo chiamati all’amore, alla carità: questa è la nostra vocazione più alta, la nostra vocazione per eccellenza, e ad essa è legata anche la gioia della speranza cristiana”. “Chi ama ha la gioia della speranza, di arrivare a incontrare il Signore”, ha esclamato il Papa, che sulla scorta della lettera di San Paolo ai Romani ha ammonito: “C’è il rischio che la nostra carità sia ipocrita, che il nostro amore sia ipocrita. Ci dobbiamo chiedere allora: quando avviene questa ipocrisia? E come possiamo essere sicuri che il nostro amore sia sincero, che la nostra carità sia autentica, di non far finta di fare carità o che il nostro amore non sia una telenovela, no, ma amore sincero, forte…?”. “Questo si verifica quando il nostro è un amore interessato, mosso da interessi personali”, l’analisi di Francesco, che ha poi aggiunto a braccio: “E quanti amori interessati ci sono!”. “Quando i servizi caritativi in cui sembra che ci prodighiamo sono compiuti per mettere in mostra noi stessi o per sentirci appagati – ‘ma quanto bravo sono’ – questo è ipocrisia; o ancora quando miriamo a cose che abbiano visibilità per fare sfoggio della nostra intelligenza o delle nostre capacità”, ha proseguito il Papa, spiegando come  “dietro a tutto questo c’è un’idea falsa, ingannevole, vale a dire che, se amiamo, è perché noi siamo buoni; come se la carità fosse una creazione dell’uomo, un prodotto del nostro cuore”.
“La carità è anzitutto una grazia, è un regalo: poter amare è un dono di Dio, e dobbiamo chiederlo, e lui lo dà volentieri se noi lo chiediamo”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, spiegando durante l’udienza di oggi che la carità “non consiste nel far trasparire quello che noi siamo, ma quello che il Signore ci dona e che noi liberamente accogliamo, e non si può esprimere nell’incontro con gli altri se prima non è generata dall’incontro con il volto mite e misericordioso di Gesù”. “Paolo ci invita a riconoscere che siamo peccatori, e che anche il nostro modo di amare è segnato dal peccato”, ha fatto notare Francesco: “Nello stesso tempo, però, si fa portatore di un annuncio nuovo, di speranza: il Signore apre davanti a noi una via di liberazione, di salvezza. È la possibilità di vivere anche noi il grande comandamento dell’amore, di diventare strumenti della carità di Dio”. “E questo avviene quando ci lasciamo guarire e rinnovare il cuore da Cristo risorto”, l’invito di Francesco: “Il Signore risorto che vive fra noi, che vive con noi, è capace di guarire il nostro cuore, lo fa se noi lo chiediamo”, ha assicurato a braccio. “È Lui che ci permette, pur nella nostra piccolezza e povertà, di sperimentare la compassione del Padre e di celebrare le meraviglie del suo amore”, ha proseguito. “E si capisce allora che tutto quello che possiamo vivere e fare per i fratelli non è altro che la risposta a quello che Dio ha fatto e continua a fare per noi”, il commento del Papa: “Anzi, è Dio stesso che, prendendo dimora nel nostro cuore e nella nostra vita, continua a farsi vicino e a servire tutti coloro che incontriamo ogni giorno sul nostro cammino, a cominciare dagli ultimi e dai più bisognosi nei quali lui per primo si riconosce”.
Amare sul serio è “apprezzare” le “piccole cose di ogni giorno”. A garantirlo ai fedeli è stato il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi ha fatto notare che “tutti  facciamo l’esperienza di non vivere in pieno o come dovremmo il comandamento dell’amore. Ma anche questa è una grazia, perché ci fa comprendere che da noi stessi non siamo capaci di amare veramente: abbiamo bisogno che il Signore rinnovi continuamente questo dono nel nostro cuore, attraverso l’esperienza della sua infinita misericordia”. “E allora sì che torneremo ad apprezzare le cose piccole, semplici, ordinarie, che torneremo ad apprezzare tutte queste piccole cose di ogni giorno”, ha assicurato Francesco: “E saremo capaci di amare gli altri come li ama Dio, volendo il loro bene, cioè che siano santi, amici di Dio; e saremo contenti per la possibilità di farci vicini a chi è povero e umile, come Gesù fa con ciascuno di noi quando siamo lontani da lui, di piegarci ai piedi dei fratelli, come lui, Buon Samaritano, fa con ciascuno di noi, con la sua compassione e il suo perdono”. È questo, per il Papa, “il segreto per essere lieti nella speranza”, come esorta a fare Paolo nella lettera ai Romani: “Lieti nella speranza, la gioia della speranza, perché sappiamo che in ogni circostanza, anche la più avversa, e anche attraverso i nostri stessi fallimenti, l’amore di Dio non viene meno”. “E allora, con il cuore visitato e abitato dalla sua grazia e dalla sua fedeltà, viviamo nella gioiosa speranza di ricambiare nei fratelli, per quel poco che possiamo, il tanto che riceviamo ogni giorno da lui”, l’augurio ai 12mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro.