Papa Francesco quattro anni dopo

Dai giudizi negativi non si salva nessuno. Tanto meno il Papa

Se, come dice Erasmo da Rotterdam (Adagia, 108), “neppure Giove piace a tutti“, niente di strano che qualcuno abbia da ridire anche su Papa Francesco. Quello che stupisce è che i critici più accesi del Papa siano proprio dei cattolici, apostolici, romani, e spesso, per giunta, pure egregi (= fuori del gregge). Essendo della stessa famiglia di spirito con alla base lo stesso Vangelo, si poteva supporre che ciò non avvenisse. Ma lo stesso Erasmo (ibid.) ribadisce il concetto e cita Lc 7, 32. In quel passaggio, Gesù, a proposito di gusti, chiede ai suoi ascoltatori a chi può paragonare gli uomini di questa generazione e risponde lui stesso:

Sono come quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto! È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: È indemoniato. È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.

I doni di Papa Francesco

Come cattolici noi siamo convinti che, in qualche modo, nell’elezione di ogni Papa c’entra lo Spirito Santo. E siamo convinti che ogni pontefice è un fattore del disegno provvidenziale che Dio porta avanti nella storia per mezzo di Gesù redentore. Bisogna non perdere la grazia che la Provvidenza ha sicuramente messo anche nel pontificato di Francesco. Quindi, invece di rifiutarlo come fanno in tanti e di attendere il suo successore, chiediamoci quali sono i doni che Dio sta offrendo all’umanità di oggi per mezzo suo.

Vediamo. Molti criticano il Papa per quello che dice e per come lo dice. Prendiamo, ad esempio, una delle sue prime esternazioni in ordine di tempo. Mi  riferisco a quella riguardante i gay (“Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”). Siamo all’11 giugno del 2013. Prendiamo, poi, una delle ultime, quella riguardante i conviventi. (“I parroci devono farsi prossimi con premura, con lo stile proprio del Vangelo, a quei giovani che preferiscono convivere senza sposarsi”). Siamo al 25 febbraio di quest’anno.

In questi casi, modello di Bergoglio in ciò che dice e in ciò che fa, evidentemente è Gesù. All’adultera, che per la legge era da lapidare, il Signore dice: “Io non ti condanno, ma adesso va’ e non peccare più”. Lo stesso con la samaritana, che era passata da un uomo a un altro fino al sesto (!). Invece di inveire moralisticamente, Gesù instaura con lei un discorso a partire da un accattivante sospiro (“Se tu conoscessi il dono di Dio!”). Alla fine la donna diventerà apostola del Messia presso i suoi concittadini.

Un Papa opportunamente importuno

Per questo, Francesco è anticonformista, potremmo perfino dire anticlericale. Nel senso che egli è contro ogni forma di clericalismo, sia dei “chierici” che dei laici smaniosi di controllare la vita della Chiesa. Inoltre vorrebbe che i pastori e gli educatori nella Chiesa siano visti

non tanto come esperti di norme giuridiche, ma come fratelli che si pongono in atteggiamento di ascolto… con lo stile proprio del Vangelo.

Alla stessa logica evangelica rispondono i suoi sconfinamenti verso le periferie, anche le più lontane, e la sua passione per il dialogo più che per i pronunciamenti magisteriali.
Se ciò ci dà fastidio, (e ne dà tanto a tanti) è un segnale chiaro del fatto che, senza essercene forse mai resi conto, abbiamo qualche nervo atrofizzato, che sarà bene sbloccare. Benedette quindi le… provocazioni di Francesco. Anche se, purtroppo, come scrive Svidercoschi, invece di farne tesoro,

la scompigliatissima mescolanza di mitomani, integralisti, nostalgici, tradizionalisti… intolleranti e ingiuriosi… strilla alla rottura con la tradizione e addirittura grida all’eresia.

In realtà, il Papa, con parole particolarmente incisive, ma non nuove, dice ciò che sempre, soprattutto dal Concilio in poi, han detto tutti i Papi e i maestri della fede. Egli porta avanti fortemente l’esigenza di distinguere il peccato, sempre da disapprovare, dal peccatore (ogni peccatore) di cui non si deve mai smettere di prendersi cura in base all’infinita misericordia di Dio. È evidente che per lui, se ci si ferma al diritto canonico, il discorso pastorale si cristallizza e diventa incapace di produrre qualsiasi germoglio di vita nuova. Se invece, come nel Vangelo, senza smentire la dottrina, si mette al centro la persona, si aprono spazi di creatività e di salvezza altrimenti impensabili.
Benedetti perciò i fastidi creati da Francesco. Ma… e se Dio ce l’avesse dato proprio per questo?