Abuna Raed, direttore della Caritas di Gerusalemme: «Educhiamo i bambini alla pace, se vogliamo cambiare il mondo»

Una serata di preghiera per la pace. Si è tenuta ieri sera, presso l’Abbazia di Sant’Egidio a Fontanella di Sotto il Monte, la veglia di preghiera in ricordo della prima lastra di muro di Apartheid posta nel 2004 a Betlemme: sono ormai 13 anni che il Muro circonda la città e l’invito a pregare, lanciato dalle suore del Caritas Baby Hospital, è vivo come allora. In tutta Italia l’appello rimbalza tramite Pax Christi e qui a Bergamo, ormai come avviene da qualche anno, è promosso dai gruppi impegnati sul territorio nella sensibilizzazione a proposito del conflitto israelo-palestinese, come Kairos di Cenate Sotto, Terra Santa di Longuelo, Iabbok, Tutti a Scuola in Terra Santa. Proprio ieri sera è stata inaugurata la nuova associazione “La Tenda di Amal”, la tenda della speranza, che accoglie sotto di sé tutti questi gruppi.

La preghiera nasce per non dimenticarci che in Cisgiordania serpeggia un alto muro di 8 metri, ma purtroppo non è il solo: all’inizio della veglia sono stati ricordati tutti i muri che sorgono nel mondo, di diversa lunghezza, di recente o meno costruzione e motivati in modi differenti. Molti, troppi muri, tutti capaci di dividere l’umanità.

“Nonviolenza” è stata la parola chiave della veglia, l’unica via di pace possibile, e la preghiera è la sua arma più potente. Si è pregato per disarmare i cuori dell’uomo, per avvicinarci ad uno stile di vita non violento e per ricordare che nel mondo come in Palestina esistono esempi bellissimi di “resistenza non violenta”. Suona quasi come un ossimoro, eppure è l’unica strada da percorrere per ottenere una giustizia vera.

Durante la serata si sono susseguiti due interventi. Il primo di Abuna Raed Abusahliah, ospite la scorsa settimane e questa sera del progetto delle Acli di Bergamo “Terra Santa 2017. Per una pace ha il nome di giustizia”.  Palestinese, nato vicino a Jenin, prima parroco di Taybeh, poi della Parrocchia della Santa Famiglia a Ramallah, Abuna Raed è ora direttore della Caritas di Gerusalemme. Il suo discorso è iniziato descrivendo la situazione attuale del Muro, toccando la chiusura progressiva di Gerusalemme stretta dalle lastre di cemento e da sempre nuovi insediamenti, passando a ricordare la grande prigione a cielo aperto che continua ad essere Gaza; ha spiegato cosa significa nonviolenza, sottolineando come il concetto non sia esclusivo di una sola religione, ma anche di quella musulmana, perché nel Corano compaiono ben 127 versetti di tolleranza; infine, ha raccontato alcune iniziative volte a promuovere la pace, come la recente costruzione di un campo di calcio nel cuore di Gerusalemme, nel quartiere Armeno: un campo aperto a tutti i bambini, senza distinzione di nazionalità e religione. «Educhiamo i bambini alla pace -ha concluso Abuna Raed-perché cresceranno e diventeranno uomini di pace!»

Pietro, un giovane di Verona del movimento di Operazione Colomba, ha tenuto il secondo intervento. Pietro ha raccontato la storia di Afez, capo di At-twani, un piccolo villaggio palestinese a sud di Hebron. Afez ha subito diversi episodi di ingiustizia e di violenza durante la sua vita, fin da bambino, che hanno fatto nascere in lui, inizialmente, desideri e pensieri violenti. Eppure Afez ha scelto di muoversi con i passi lenti e profondi della pace, rivelandosi la mossa migliore. Con il suo atteggiamento non violento, con il desiderio di promuovere il dialogo, di costruire ponti e non altri muri, Afez non ha solo attratto intorno a sé altri palestinesi, insegnando loro questa via, ma anche uomini e donne israeliane, tra cui alcuni avvocati. Battendosi insieme, legalmente, in modo pacifico, senza paura, sono riusciti addirittura a cancellare 40 km di Muro dal tracciato originario. «Quando penso a Afez -ha sottolineato Pietro-, mi meraviglio sempre come una sola persona possa raggiungere alti obiettivi se davvero crede in quello che fa, riuscendo addirittura modificare la storia.»

La veglia si è chiusa con un momento molto toccante: nell’assemblea sono state distribuite delle frasi ed ogni persona, liberamente, è stata invitata a farle risuonare, chiara e forte, come una preghiera. Alcune frasi sono state tratte dal messaggio di Papa Francesco durante La Giornata Mondiale della Pace, altre erano brevi testimonianze dei giovani di Operazione Colomba operanti in Palestina. Voglio lasciarvi quella che è capitata tra le mie mani, una frase di papa Francesco:

“È dall’impegno non violento, dal rifiuto di cedere al potere della forza, che nascono forme efficaci per rendere testimonianza alla verità”.