L’omicidio di Alatri. L’imitazione della violenza e il branco

Foto: Mario Castagnacci, uno dei due fermati per il delitto di Alatri

Il fattaccio

L’omicidio di Alatri continua a far parlare molto. Emanuele Morganti, 20 anni, massacrato di botte fuori da un locale della cittadina laziale è  deceduto dopo due giorni di agonia. Intanto si è saputo che sono stati incarcerati due fratellastri di 27 e 20 anni – Mario Castagnacci e Paolo Palmisani: a loro viene contestata l’accusa di omicidio volontario aggravato da futili motivi. Giuseppe De Falco, il procuratore capo di Frosinone, ha parlato di indizi “gravi e concreti”. I giornali hanno ampiamente riferito della violenza con cui Emanuele Morganti è stato prima picchiato, poi colpito a morte con un tubo metallico, pare proprio di Paolo Palmisani. Tutto è iniziato per una lite scoppiata in un locale pubblico.

La violenza. La prima pietra e le altre

Sono state fornite molte notizie, molte delle quali sono in ordine a trovare una qualche ragione a tanta efferatezza. Solo che questa è talmente impressionante che le ragioni non bastano mai.

C’è però, anche stavolta, un meccanismo che, in qualche modo – in qualche modo soltanto – spiega quello che è successo ad Alatri. È il carattere imitativo della violenza. Chi fa violenza non colpisce soltanto qualcuno ma invita di fatto altri a colpire a loro volta. È l’evangelico “scagliare la prima pietra”. L’importanza della prima pietra sta proprio nel fatto che è la prima. Una volta scagliata quella, altre, necessariamente, seguiranno. Per questo la violenza di gruppo è la più micidiale, perché tutti imitano tutti e si accaniscono contro l’unica vittima designata. È quello che è successo ad Alatri.

Il branco e l’indispensabile forza  per fermarlo

Naturalmente, il carattere imitativo della violenza dice anche che chi colpisce non ha molti motivi per farlo. Il motivo più importante è che colpisce perché ha visto altri colpire. In altre parole chi colpisce è fragile perché non sa decidere e codardo perché si fa forte della forza del branco. Questi motivi “morali” si ripetono spesso per condannare la violenza. Ma non bastano. In attesa che maturi una cultura diversa – ma i tipi come Castagnacci e Palmisani danno l’impressione che non matureranno mai – bisogna reprimere. Ci vuole una forza più forte di quella del branco. Ma, attenzione: una forza “terza”, quella delle forze dell’ordine, della polizia e poi, dopo, della legge.

Altrimenti succede quello che i giornali dicono già che potrebbe succedere anche per i fatti di Alatri. Abbiamo letto, infatti, che i due sono a Regina Coeli, ma rigorosamente isolati. Gli altri detenuti, infatti, potrebbero linciarli. Così a una violenza si risponderebbe con un’altra e il cerchio mimetico rischierebbe di non si chiudersi mai.