Mamme blogger, nativi digitali e quei pomeriggi persi a fare capriole nel boschetto dietro casa

Mio figlio, a tre anni, sa programmarsi col cellulare di papà la playlist musicale preferita. Mia figlia, a due anni, digita su tasti e icone come io ancora non so fare. Così è, e sono convinta che, alla fin fine, non ci sia nulla di male. Nativi digitali. Mentre la mamma si trasforma in blogger e risponde via mail alle curiosità di tante altre madri alle prese con bimbi piccoli e problemi d’ogni tipo. Problemi che sono in genere gli stessi delle donne d’ogni tempo, ma ai quali ora cerchi risposte veloci su internet e facebook.

Insomma, siamo immersi nel 2.0, nel web, nella rete che corre veloce, che ti illude e ti fa credere di trovare intere comunità di persone uguali a te in cerca di sostegno e conforto, durante la gravidanza, dopo il parto, nella vita quotidiana di genitori. Per non parlare di quando i figli crescono e ti ritrovi a dover entrare nella chat whatsapp delle mamme dei compagni di classe e in quella delle mamme delle amiche di danza e karate. Sempre interconnessi, sempre reperibili.

Si potrebbe dibattere per ore su quanto la società sia cambiata, su quanto sia rischioso l’incontro quasi esclusivamente virtuale rispetto a quello reale. Io sono sempre stata per l’equilibrio e la via di mezzo. E oggi più che mai mi è successo di pensarci. Avete presente quei giorni nei quali la malattia ti obbliga a uno stop? Ecco, mio figlio si è beccato una di quelle gastroenteriti che avrebbero steso anche un elefante. Nel suo caso stare a letto a riposare è impossibile, così a metà mattinata abbiamo deciso che la cosa migliore, con una giornata così bella, fosse uscire. All’aria aperta, nel boschetto qui dietro casa, a guardare le piante in fiore, a rotolarci nell’erba, a respirare a pieni polmoni questa primavera tanto attesa e finalmente arrivata.

Non ce ne siamo nemmeno accorti, ed era già passata ora di pranzo. Siamo tornati a casa, felici. Facciamo spesso camminate, soprattutto nel weekend, ma questa era una pausa inattesa nel tran tran d’ogni giorno. E non ci è passato nemmeno nell’anticamera del cervello di passarla davanti a un tablet. Certo, nel pomeriggio abbiamo poi scelto la nostra canzone dalla playlist del cellulare, abbiamo fatto “play” e ce la siamo ballata. E ci siamo anche visti un episodio del cartone animato preferito di mio figlio dal pc, mentre la sottoscritta rispondeva alle tante e-mail che nel frattempo invadevano la sua cassetta postale virtuale. Abbiamo cucinato, giocato con la sorellina tornata dall’asilo, fatto capricci, riposato. Giocoleria ed equilibrismo, lavoro e svago, capacità di non dimenticare che, anche se il mondo si trasforma, le cose più belle restano sempre le stesse. E meritano d’esser vissute nel modo più reale e concreto possibile.