La tradizione del Venerdì Santo a Bergamo: dalla devozione delle Cinque piaghe alle processioni con il Cristo morto

La foto di apertura del post, scattata durante la Via Crucis di Vertova è di © Gianvittorio Frau.

Nel corso dei secoli, il culto popolare alla Passione di Cristo durante la Settimana Santa ha assunto tratti devozionali molto forti tanto da diventare patrimonio religioso e civile di intere popolazioni. Già secoli prima del Seicento, nella nostra città si teneva una processione molto partecipata la sera del Venerdì Santo, a cui intervenivano i confratelli del SS. Sacramento, che effettuavano la «disciplina» (la flagellazione) su sé stessi durante il percorso. Questa pratica voleva sottolineare visivamente, sui loro corpi, il dramma dei patimenti e delle sofferenze di Cristo. In seguito al mutare della sensibilità religioso-culturale e seguendo i dettami del Concilio di Trento, nel Seicento questa processione accantonò la pubblica «disciplina» diventando cristocentrica, dando cioè spazio fondamentale alla statua del Salvatore, seguita dal baldacchino con il Santissimo. La processione si trasformava così in una specie di funerale del Signore, perché la statua veniva deposta in una specie di sepolcro nella basilica di Santa Maria Maggiore, circondato da numerosi ceri.

Le processioni con il Cristo morto del Venerdì Santo erano molto diffuse. I bellissimi Compianti, cioè le statue dei personaggi della Passione (pensiamo a quelli stupendi dei Fantoni ad Ardesio e Clusone), avevano nell’arte un’ulteriore efficacia pastorale: nei più crudi lineamenti anatomici, la statua del Salvatore doveva trasmettere ai fedeli le sofferenze che Cristo aveva patito per redimere l’umanità. Le altre statue dei personaggi della Passione esprimevano dolore e sconcerto di fronte al dramma. Anche oggi in numerose parrocchie bergamasche si tiene la processione con il Cristo morto per le vie, pur con modalità diverse rispetto al passato, accentuando soprattutto il senso teologico e liturgico della Passione. In molte parrocchie venivano ricordati con toni orgogliosi sia i nomi dei donatori delle statue lignee del Cristo morto, sia il tipo di albero da cui erano state ricavate: quella di Redona da una grossa robinia in località Baio, quella del «Signurù» di Bianzano da un grande fico, mentre il Crocifisso di Gorno dal ramo di un grosso castagno. La famosa rappresentazione della Passione di Cristo in costumi antichi a Vertova affonda le radici nel Cinquecento. Nel corso dei secoli, per evitare che cadesse nel puro folclore, ha subito da diverse modifiche. Nel corso sei secoli, in queste manifestazioni religiose non mancarono eccessi superstiziosi, stroncati dai vescovi. Non era assente l’attenzione alla carità. A Cividate al Piano, in passato, oltre alla processione, c’era l’uso di donare agli ammalati le uova offerte dai fedeli quel giorno.

Valido supporto alle pie pratiche del Venerdì Santo proveniva dalla diffusa devozione delle Cinque Piaghe del Signore. Basti ricordare la bellissima scena del film «L’albero degli zoccoli». La povera vedova lavandaia, disperata a causa della mucca moribonda, che l’unica sua ricchezza, entra in chiesa e chiede la grazia del risanamento dell’animale pregando le Cinque Piaghe, soprattutto quella del Santo Costato.